Categorie: Relatività
Tags: apparenza macchina fotografica piano focale prospettiva quadrato quiz velocità relativistica visioni relativistiche
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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Vele al vento (soluzione del quiz sul quadrato) ***
Per una analisi completa delle "Visioni relativistiche" si consiglia di leggere il relativo approfondimento, del quale questo articolo è parte integrante.
Anche se con un po’ d’indifferenza, andiamo, comunque, avanti con le deformazioni subite da un oggetto che si muove con velocità relativistiche. Il primitivo righello si sta trasformando in qualcosa di più concreto e si prepara a regalarci effetti del tutto imprevisti.
In questo articolo diamo la soluzione del quiz precedente, spiegando molto qualitativamente cosa succede. Le domande erano tre e noi seguiremo proprio lo stesso ordine. C’è da dire che, malgrado il gran caldo, Arturo ha fornito una risposta più che valida e noi cercheremo solo di analizzarla meglio con qualche figura.
Iniziamo con la domanda più facile, relativa al righello verticale che si muove lungo una direzione parallela all’asse delle x. Vediamo subito la Fig. 1, che lo rappresenta. L’asse x è l’asse ottico AO della macchina fotografica M, mentre il righello si muove lungo CC’. Sappiamo già che il righello si deforma assumendo la forma di un’iperbole, disposta sul piano AA’E’E, dato che la luce di C deve partire in C’ per poter raggiungere, nello stesso istante di A ed E, la macchina M. Fin qui conosciamo già il gioco.
Adesso, però, vediamo tutto “fuori asse del moto” e quindi dobbiamo tenere conto dell’angolo sotto cui M vede A ed E (prima luce partita) e poi C’, rispetto all’asse z (ad esempio). Quest’ultimo è maggiore e quindi nel piano focale C’ si sposterà lateralmente rispetto al segmento AE. Abbiamo detto che il nostro obiettivo è capace di ribaltare l’immagine ottenuta dalla camera oscura e, in conclusione, ciò che apparirà nel piano focale è un segmento curvilineo con C’ spostato verso destra, ossia verso l’esterno.
In poche parole, è come se vedessimo “di sbieco” l’iperbole descritta nel piano AA’E’E.
Capito questo risultato è facilissimo trasportare la soluzione al caso di un quadrato composto da quattro righelli (vuoto però!). Ogni righello si comporta come quello appena studiato, in modo anche quantitativamente simile, data la simmetria dei lati del quadrato rispetto all’asse ottico che passa per il suo centro e arriva alla macchina M. Vediamo la Fig. 2. Nascono quattro iperboli, una per lato, tutte uguali tra loro. Ognuna sarà vista di sbieco da M e quindi avrà il vertice spostato verso l’esterno. L’immagine sul piano focale di M è riportata vicino a lei: un quadrato che ha messo su molta pancia (come lo capisco…).
A questo punto possiamo anche inserire tre filmati che fanno vedere come una griglia cubica formata da righelli (un po’ più complicata, dato che abbiamo anche righelli intermedi) si vede da una telecamera posta in M, durante l’avvicinamento e l’allontanamento.
Il primo filmato riprende un avvicinamento a bassa velocità (nessun effetto relativistico, ma solo prospettico).
Il secondo avviene con una velocità pari al 90% della velocità della luce (quanto spiegato precedentemente si vede molto bene), in cui è presente anche l’allungamento dei segmenti posti parallelamente alla direzione del moto = asse ottico, capace (come abbiamo spiegato QUI) di superare la contrazione relativistica e mostrare un effetto opposto. I righelli posti all’interno dei vari quadrati danno luogo a un effetto ulteriore che spiegheremo tra poco.
Il terzo filmato mostra la stessa figura che si allontana con v = 0.9 c. Ovviamente, la concavità dei lati si inverte.
I filmati sono preparati dalla bravissima Ute Kraus (in attesa di quelli di … Arturo e/o Paolo).
La situazione diventa leggermente più complicata se riempiamo di “tela” il nostro quadrato di Fig. 2. In altre parole, non abbiamo solo i righelli laterali e nemmeno qualche righello intermedio (come nei filmati), ma una superficie continua (sottilissima) all’interno del quadrato. Per spiegare cosa succede in modo semplificato, ma sufficientemente corretto, consideriamo la Fig. 3.
Il perimetro del quadrato corrisponde alla partenza della prima luce. Non tutta insieme, però, da come abbiamo visto precedentemente. Gli spigoli indicati con 1 sono i primi “lanciatori”, seguiti dai punti di mezzo dei singoli lati (indicati con 2). Otteniamo le curve azzurre come già ottenuto con il quadrato vuoto. Tuttavia, quando il quadrato perimetrale è giunto in 2, inizia il lancio della luce dalle parti più interne del quadrato (i loro tragitti per giungere in M sono decisamente minori). Vale la pena considerare solo le due linee tratteggiate relative ai punti di mezzo.
Il loro punto d’intersezione sta sull’asse ottico e corrisponde al tragitto più corto. Ne segue che a partire dai punti esterni della “croce” tratteggiata, si devono disegnare due iperboli che si incontrano nel punto 3, l’ultimo da cui parte la luce. La forma finale del quadrato pieno, vista lateralmente come rappresentato in figura, dà luogo a una superficie iperbolica, dato che ogni sezione ottenuta con un piano perpendicolare al quadrato (e quindi al piano focale) deve dar luogo a un iperbole (come trovato precedentemente).
Una vera e propria vela quadrata al vento, che se vista da M non si discosta molto da quanto visto precedentemente, per il quadrato vuoto. Le iperboli relative alla parte tratteggiata danno luogo a segmenti dato che hanno il loro vertice proprio sull’asse ottico (punto 3).
Ben diversa la situazione se la vela è vista da un punto qualsiasi che non sta sull’asse ottico (non ci vuole molto a immaginarsela). La vela si gonfia per effetto del vento relativistico (Fig. 4) e via verso nuove avventure! Mi sembra di vedere i nostri amici fotoni che scrutano il mare di … Dirac.
Ricordiamoci sempre che tutto questo è quello che si VEDE e non quello che si MISURA!!
QUI tutti gli articoli dedicati alle visioni relativistiche
5 commenti
Grazie, Enzo, per questo affascinante capitolo ed i suoi prossimi sviluppi.
Aggiungo a margine qualche riflessione, per quel che può valere...
Quello che i fotoni non dicono
Essere, essere visti, essere misurati, sono concetti diversi. Il legno diritto, parzialmente immerso nell'acqua, viene narrato come storto o spezzato dai fotoni messaggeri, perchè essi sono portatori di un racconto che cambia lungo il tragitto e si modifica con amplificazioni, attenuazioni, deviazioni, distorsioni. Ad ogni incontro la storia portata dai fotoni viene alterata. Le informazioni che riceviamo non vanno quindi interpretate come se non esistessero queste alterazioni, come se rappresentassero l'immagine fedele della sorgente originaria.
Un fotone, bloccato da un corpo opaco, insuperabile, porta comunque, con la sua assenza, un'informazione, anche se ambigua. L'ombra può avere due significati: mancanza della sorgente oppure presenza di un ostacolo sul cammino della luce. Durante le eclissi il Sole splende dietro La luna e, anche nelle notti più buie, splende al di là della Terra che calpestiamo.
Se ruoto su se stesso il legno che appare stortarsi nel punto in cui si immerge nell'acqua, lo vedrò piegato sempre nel medesimo senso. Se fosse veramente storto, la parte immersa descriverebbe un cono. E' uno smascheramento sufficiente di questa illusione. Ma non sempre si può scoprire facilmente se ciò che appare è illusorio oppure no. Apparire non significa essere, apparire, come dice Machiavelli, dona un grado di libertà maggiore, una flessibilità nel poter mutare che non ha riscontro nella rigidità dell'essere.
Cosí anche un righello, o una vela gonfiata dal vento relativistico, appaiono ciò che non sono. La storia della loro vera essenza si scolora nei diversi cammini dei messaggeri, nelle vicissitudini dei loro diversi incontri, lungo la via che porta al destinatario.
E le misure... Le misure sono figlie di un metodo. I risultati dipendono non solo dall'oggetto della misura, ma anche dalla procedura, dalla unità scelta e perfino dall'esistenza di un osservatore. La lunghezza della costa dell'Inghilterra, così frastagliata, dipende dalla scala di misura, da quante insenature o promontori ritengo di poter ignorare, tagliando lungo la linea retta. Se invece di un righello lungo qualche chilometro, ne uso uno di pochi centimetri, la costa risulterà molto più lunga, ma molto più corta di quanto sarebbe se la lunghezza del righello fosse quella di Planck.
Il corpo che trasla muovendosi ad una velocità pari alla metà di quella della luce, non è affatto più corto del solito, se l'osservatore che lo misura si muove con lui. Certamente un osservatore più lento lo troverebbe più corto, ma la stessa cosa direbbe anche un osservatore più veloce, perchè ciò che influisce sulla misura è l'entità del moto relativo, non il suo segno.
Tutte le immagini di cui disponiamo, tutte le misure che eseguiamo sono in qualche modo contaminate e vivono in spazi che hanno regole e strutture diverse, tra cui possiamo certo trovare corrispondenze e operatori di trasformazione, senza per questo poter stabilire, se non arbitrariamente, quale sia la "realtà".
grazie Maurizio! Bellissima dissertazione che varrebbe un posto di primo piano! Hai svelato un mucchio di stradine di montagna semi nascoste da percorrere verso splendidi panorami!
Il Circolo non può che essertene grato
caro Maurizio,
rileggendo le tue parole, aggiungerei che a causa del moto relativo un oggetto ha una sola realtà, che varia da un valore minimo a un valore massimo pari a infinito. Questo è il bello della RR: il muone impiega veramente meno tempo per arrivare sulla Terra (o, parimenti, diminuisce la distanza che deve percorrere). Il succo è però che questa realtà relativa si riesce a misurare!
Grazie Enzo per il tuo apprezzamento e per quest'ultima poderosa integrazione.
Davanti ad una delle sei facce di sei colori diversi di un cubo di Rubik ordinato, si può dire, ad esempio: questo cubo è verde. Ma si può anche dire ( e questo è molto più scientifico): la faccia che vedo di questo presunto cubo, che potrebbe anche essere la base di una piramide con il vertice che non posso vedere, immersa in questa luce, appare verde.
Ben venga la misura della realtà relativa, consapevole della sua relatività.
caro Mau,
le sfumature sarebbero moltissime e la luce si diverte a prenderci in giro (i fotoni li conosciamo bene...).
Se invece degli occhi usassimo le mani tutto sarebbe più scontato e forse banale... Ma non sempre... Nella RR, chi viaggia ha anche le mani più piccole e misura la stessa lunghezza di prima, ha quindi sempre ragione chi lo vede da fuori? O vale il viceversa o a ognuno il proprio Universo? Se poi ci si mette anche la luce... tutto va a rotoli!
Mamma mia, certi discorsi alle sei del mattino con una gattina stesa sul braccio sinistro in attesa di coccole...
Questo è proprio un circolo pieno di ... angoli!!!