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Tags: escher illusioni otttiche Moebius
Scritto da: Maurizio Bernardi
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Percezioni illusorie nella visione e nell'arte
QUI l'approfondimento "Niente (o quasi) è come sembra, nel quale è stato inserito anche il presente articolo.
Ricorderete forse quanto avevamo scritto proponendo il quiz “Art attack” e la relativa soluzione, in cui si erano analizzate alcune particolarità della superficie ad una sola faccia , rappresentata dal nastro di Moebius.
Supponiamo ora di confrontare i diversi risultati che si ottengono tagliando longitudinalmente una striscia avvolta su se stessa, senza alcuna torsione ed un'altra in cui si è applicata la torsione di 180°.
Anziché tagliare lungo la linea mediana dei nastri, taglieremo lungo una linea che consenta di percorrere il loro perimetro almeno due volte, senza richiudersi su se stessa.
Partendo dagli anelli raffigurati in questa immagine...
e tagliando ciascuno di essi lungo una linea che si avvolge a spirale, dall'alto al basso (espressione piuttosto ambigua nel caso del nastro di Moebius), otteniamo questo risultato:
Se i due anelli collegati tra loro sono esattamente ciò che ci si poteva aspettare partendo dal semplice cilindro, gli altri due anelli concatenati, che si ottengono da Moebius, sembrano quasi il risultato di un gioco di prestigio.
Eppure non c'è nessun trucco e nessuna illusione ottica, solo la conseguenza di avere modellato lo spazio percorso seguendo la torsione della struttura.
Perché lo spazio non è fatto solo per come lo vediamo “di solito”, ma anche per il modo in cui lo attraversiamo e lo osserviamo.
E se non ne siete convinti, eccovi qualche informazione in più...
Il 10 Novembre 1697 nasceva a Londra William Hogart che, nel 1754, realizzò questa provocatoria incisione intitolata “Satira sulla falsa prospettiva”, il cui sottotitolo ammoniva:
“Chiunque disegni senza rispettare le regole della prospettiva potrà incorrere in assurdità come quelle qui illustrate”.
Si noti il poco convincente intreccio delle lenze dei due pescatori, uno in primo piano e l'altro sullo sfondo, o l'enigmatica connessione delle travature che emergono dalle facciate dei due corpi del caseggiato, per non parlare dell'uomo sulla collina che accende la pipa con la fiamma della candela che giace su un piano prospettico assolutamente incoerente.
A ben guardare si potrebbero trovare altri venti e più “errori” sapientemente ed ironicamente dissimulati nella incisione di Hogart.
Le incoerenze nascono da fattori di scala non rispettati e dalla contemporanea presenza di punti di fuga prospettici incompatibili tra loro.
Fino ai primi del '700 la prospettiva veniva insegnata in modo molto approssimativo, le regole matematiche che la sottindendevano erano per lo più ignorate e gli allievi erano incoraggiati ad ispirarsi a dipinti preesistenti di grandi maestri, in modo molto naif. Lo scopo dichiarato di questa incisione, era stimolare lo studio della teoria illustrata in un opuscolo scritto dall'amico di Hogart, Joshua Kirby, che era stato chiamato a sviluppare e diffondere l'approccio rigoroso tra gli allievi della accademia di pittura appositamente fondata dallo stesso Hogart.
Poco più di un secolo e mezzo dopo, il 29 novembre 1915 nasceva a Stoccolma Oscar Reutersvärd, grafico e scultore di fama internazionale. Benchè fosse dislessico e avesse difficoltà nella percezione della distanza e della dimensione degli oggetti, venne sostenuto ed incoraggiato nel suo sviluppo artistico dai familiari. Nel 1934, quando aveva solo 18 anni, realizzò una composizione di cubi, disegnandoli in uno spazio tridimensionale a prima vista del tutto “normale”. Tuttavia seguendo l'andamento della struttura l'osservatore ne resta disorientato, come potete constatare in queste immagini.
Ma come dovrebbe essere costruito realmente questo oggetto “assurdo”, per corrispondere alla reltà percepita dai nostri sensi?
Forse così ?
oppure... così ?
Ambedue queste animazioni vi mostrano, semplicemente facendo apparire piccole aree nascoste di un cubo, e nascondendo aree corrispondenti di un altro cubo “apparentemente” adiacente, una dislocazione nello spazio totalmente diversa degli elementi.
Ricorrendo ad una rozza realizzazione pratica, con mezzi modestissimi, si può fisicamente costruire una struttura che si sviluppa su tre assi perpendicolari, come illustrato nella seguente immagine:
Disponendola poi davanti all'obiettivo in modo opportuno, si riesce ad ingannare l'osservatore, creando l'illusione di un congiungimento di assi del tutto irreale.
Naturalmente si vede benissimo che i due cubi intermedi dell'asse che appare in verticale sono sproporzionati rispetto al cubo più in basso, che in realtà è molto più vicino. Ma se, artatamente, sostituissimo quei due cubi intermedi con cubi di opportune dimensioni, otterremmo con facilità una illusione molto più convincente.
E' stato sufficiente applicare questo schema:
Non avete notato che osservando i cubi nelle due animazioni precedenti, dopo un po' vi appaiono come visti dall'interno ( due pareti laterali e un pavimento)? Questa illusione ottica è analoga a quella nota come “cubo di Necker” in cui il cubo, rappresentato in modo ambiguo, può essere visto “da sopra” oppure “da sotto”.
Immagini di questo tipo sono utilizzate anche nei test diagnostici delle lesioni delle aree cerebrali, valutando il numero di “commutazioni” da una visione all'altra che in certi pazienti raggiungono valori di decine al minuto.
Vedere il cubo da dentro e/o da fuori è solo una questione di percezione momentanea, l'ambiguità della figura consente ambedue le interpretazioni. Certo che, se ci sono suggestioni addizionali, i dubbi scompaiono:
Esiste anche una figura “impossibile” a forma di cubo, raffigurata anche da Escher in una sua opera, intitolata “Belvedere”.
Il cubo è impossibile da realizzare così come si vede, ma si può realizzare una struttura che apparentemente ne ha le peculiarità, come quella disegnata qui sopra, orientandola opportunamente.
Come si può notare nell'angolo in basso a sinistra, la persona seduta sulla panca regge tra le mani un cubo “impossibile” e osserva, sul pavimento, proprio dinnanzi ai sui piedi, un disegno che raffigura la medesima struttura, quasi volesse confrontare disegno e realizzazione tridimensionale.
Questa litografia è del 1958 e riprende molti dei temi cari a Escher, come la scala che si inerpica dal primo al secondo piano con una inclinazione ambigua, o il colonnato e gli archi che sostiene, adagiati su piani prospettici improvvisamente incongruenti. Siamo ben lontani dagli involontari errori dei dilettanti apostrofati da Hogart, siamo tra le abili mani di un prestigiatore che è in grado di farci smarrire il senso del reale, repentinamente, appena il nostro sguardo “volta l'angolo”Come si può notare nell'angolo in basso a sinistra, la persona seduta sulla panca regge tra le mani un cubo “impossibile” e osserva, sul pavimento, proprio dinnanzi ai sui piedi, un disegno che raffigura la medesima struttura, quasi volesse confrontare disegno e realizzazione tridimensionale.
Citiamo, senza ulteriori dettagli, questa pagina di Wikipedia dove compaiono diverse figure impossibili assieme a note illusioni ottiche:
https://it.wikipedia.org/wiki/Illusione_ottica#Figure_impossibili
Nel 1926, le splendide incisioni di Escher non contenevano scale impossibili, come in questa “Torre di Babele”, dove la prospettiva, ai limiti dell'aberrazione, è comunque univoca e congruente.
Insomma, i gradini sono gradini e non rebus, il “sopra” il “sotto” e il “di fianco” non si scambiano i ruoli passando da un angolo all'altro del disegno.
Quando, nel 1934, il diciottenne Reutersvärd disegnava i suoi cubi indisciplinati, Maurits Cornelis Escher, aveva 36 anni ed era già un affermato grafico ed incisore. Le sue opere più famose di quegli anni, raffigurano spazi deformati, riflessi da superfici sferiche, geniali tassellature del piano che trasfigurano in sconcertanti e imprevedibili metamorfosi, temi che torneranno in opere successive, ma è con “Altro Mondo II”, del 1947, che irrompe sulla scena una visione multipla della realtà.
I tre punti di vista sulla scena sono evidenti e correlati, ma non fusi tra loro. L'osservatore li può analizzare in sequenza e farsene un' idea complessiva, come avviene esaminando le viste delle proiezioni ortogonali di un oggetto, informazioni indipendenti, punti di vista complementari che svelano ciascuno una parte dell'informazione totale.
Un cambiamento di registro si avverte l'anno seguente con “su e giù” ove le viste sono incernierate da una specie di ponte che capovolge letteralmente cielo e terra.
Occorreranno però altri cinque anni per arrivare a “Relatività”
La coesistenza di più punti di vista alternativi si esaspera perché Escher introduce la prepotente presenza di figure umane che hanno principalmete lo scopo di testimoniare l'esistenza “chiarificatrice” della gravità. I piedi in terra e la testa in alto, non c'è discussione. Ma la gravità è multipla, coerentemente con la scena. E non solo multipla , ma anche ambivalente, come nel caso delle due figure al centro, in alto, in movimento sulla stessa scala : l'una scendendo, gradino dopo gradino, l'altra salendo, nella stessa direzione, posando i piedi sulla superficie dei gradini “perpendicolare” a quella usata dal compagno.
La geometria della scena, già sconcertante nella sua apparenza statica, diviene del tutto surreale per l'implicita dinamica dei movimenti delle figure umane, che “certificano” la coesistenza di forze di gravità conflittuali.
Qui non si tratta di fondere viste diverse di uno stesso oggetto, bensì di vedere in uno stesso istante tre scene che avrebbero senso in istanti separati. La struttura geometrica, per quanto astrusa è realizzabile, ma la presenza “contemporanea” di tutti i personaggi è irricevibile. Se solo si prova a cancellarne alcuni e lasciare solo quelli coerenti con un singolo centro di gravità, tutto torna normale, o quasi. Poi si cambiano gli attori e, coerentemente, centro di gravità, e la cosa funziona. Quasi una metafora di una società in cui le regole sono relative, diverse a seconda della classe di appartenenza, e coesistenti.
Altre opere analoghe, oltre a “Belvedere” del 1958, sono “salita e discesa”, del 1960
e “la cascata” del 1961
Come in “Salita e discesa”, anche in cascata sono presenti più piani sovrapposti che giustificano la loro esistenza appellandosi al percorso dell'acqua che, notoriamente, scende per effetto della gravità, andando ad alimentare le pale del mulino. Quello che urta contro il comune buonsenso è che subito dopo l'acqua si avvia spontaneamente al piano superiore per ripetere (infinitamente ?) il ciclo. Tutto formalmente perfetto, passo dopo passo, ma sconcertante nel suo insieme, come molti aspetti della vita.
I complici di Escher, nel portare alla luce questi paradossi, sono stati il clima dell'inizio del secolo scorso, portatore di nuove incertezze nell'ambito scientifico, matematico, artistico, come le teorie della nuova fisica, l'evoluzione della matematica, la psicanalisi, eccetera, ma anche il contesto familiare, incline alle materie scientifiche, e la frequentazione di fisici e matematici insigni, come, in particolare, Roger Penrose, nato
il giorno 8 agosto del 1931 a Colchester.
Appartiene anch'egli ad una famiglia che annovera scienziati ed artisti. Insigne cosmologo, fisico, matematico, esperto di intelligenza artificiale, Penrose emerge sullo scenario scientifico in compagnia di personalità come Stephen Hawking. Se consultate gli articoli presenti nel blog, troverete pagine come questa , che vi aiuteranno a comprendere la dimensione di questo scienziato.
Ma, a chiusura di questa nostra passeggiata tra le illusioni, vogliamo citarlo semplicemente per l'influenza che ha avuto sull'opera dell'amico di famiglia Escher, con la suggestione del “Triangolo impossibile” alla fine degli anni '50 del secolo scorso, riconoscibile nelle ultime due incisioni che abbiamo visto.
Una figura che Penrose definiva “l'impossibile nella sua forma pura” e di cui possiamo mostrare l'espediente che ne realizza la parvenza, in questa immagine.
Ci auguriamo, con questo breve articolo, di avere stimolato la vostra curiosità nei riguardi di questi uomini di genio, il cui messaggio va ben oltre la ingenua meraviglia per una insolita percezione ottica.