Un storia senza … TEMPO */*******
Prima di iniziare l’avventura nel Bosco della Fisica Addormentata, il nostro principe viveva nel suo regno, un regno in cui esisteva solo lo spazio. Quando fosse nato lo spazio non lo sapeva, anche perché non conosceva la parola “quando”. Lo spazio, però, era lì, davanti a lui.
I suoi unici compagni erano particelle piccolissime che il principe però riusciva a vedere molto bene. E le sapeva anche riconoscere: alcune erano gialle, altre verdi, altre rosse, ecc., ecc. Non erano uguali tra loro, dato che ognuna di esse aveva una sua proprietà, il colore appunto. Non solo, però: avevano anche profumi diversi. Forse, ma non ne era sicuro, avevano anche dimensioni diverse. Cosa voleva dire dimensioni? Beh… le particelle occupavano uno spazio diverso.
Sì, ma cos’era lo spazio e come poteva rendersi conto della sua esistenza. Facilissimo. Il principe vedeva le particelle in posizioni diverse: alcune erano alla sua destra, altre alla sua sinistra, altre ancora sopra, qualcuna di dietro e anche di sotto. Insomma, tra una e l’altra esisteva una distanza che era capace di valutare mentalmente e distanza voleva dire che vi era spazio.Una cosa implicava l’altra e viceversa.E in quello spazio potevano teoricamente comparire altre particelle. Però, niente compariva, tutto era sempre uguale, ossia uguale, senza sempre, dato che anche “sempre” era una parola che non poteva conoscere.
Quello era il suo mondo, magari monotono, ma colorato e profumato: cosa poteva volere di più? Aveva anche il suo spazio da dove osservare le particelle che lo circondavano. Non l’avrebbe mai detto al boscaiolo (quando il “mai” sarebbe diventato una parola sensata), ma, sicuramente, anche lui era una particella. Scusate se sto usando verbi che nel vostro mondo cambiano la parte finale, ma per il principe i verbi non avevano coniugazione, ovviamente. Lo spazio non ne ha bisogno.
Il principe guardava e pensava a quanto erano belle e utili le proprietà delle particelle. Addirittura gli sembrava che scintillassero, aumentando e diminuendo il colore, la grandezza e il profumo. Gli sembrava, addirittura, che qualcuna scomparisse e ricomparisse. Ma era sicuramente una illusione oppure un’altra proprietà che non conosceva.
Guardava quella particella rossa alla sua sinistra e, miracolo!, la vide scomparire senza ricomparire. Non si rese subito conto che qualcosa era cambiato nel suo mondo. Dovette pensare molto prima di capirlo. E capì anche che poteva usare la parola “prima”. Vediamo come ci riuscì…
La particella rossa era sparita ma era ricomparsa in un’altra posizione (doveva essere la stessa!). Riferendosi alle particelle che erano rimaste al loro posto, riuscì a misurare la distanza tra le due posizioni (A e A’) assunte dalla particella rossa. Se era in A non era in A’ e se era in A’ non era in A. Molto, molto interessante. Ma… ecco che anche una particella verde era sparita ed era ricomparsa. Se era in B non era in B’ e viceversa. Le distanze AA’ e BB’ non erano, però, uguali. Accidenti, doveva esistere un’altra proprietà delle particelle. La chiamò c e le diede il nome di velocità, senza sapere cosa potesse significare, ovviamente. Non gli importava, però, saperlo, era troppo contento di avere scoperto una nuova proprietà delle sue amiche particelle. Voleva solo conoscerla meglio. Una proprietà che spostava le particelle.
Il principe era molto intelligente e fece alcuni ragionamenti…
La particella rossa era riapparsa alla distanza d. La particella verde alla distanza d’. Questa era l’unica sicurezza che aveva. Quanto bastava, però. Voleva solo dire che la nuova proprietà dipendeva dal colore delle particelle. Quella rossa aveva una velocità c e quella verde c’. La proprietà c spostava la particella rossa di un tratto d e la proprietà c’ quella verde di un tratto d’. La proprietà faceva “saltare” le particelle a seconda del loro colore.
No, assolutamente no! La particella rossa scomparve di nuovo e si fermò in A”. Purtroppo, però, la distanza tra A” e A’ (d”) non era uguale ad A’A. Eppure il colore era sempre lo stesso. Ed era anche sicuro che la proprietà c fosse la stessa, almeno a parità di colore. Non poteva che essere così: le proprietà non cambiano nello spazio.
E allora si decise a scrivere:
d = x c
d” = x”c
La distanza variava perché variava x. Se x variava non era un proprietà della particella e assomigliava molto allo spazio. Inoltre se:
d = 0
doveva anche essere
x = 0
e viceversa. Se lo spazio spariva, spariva anche x. Ma se spariva x doveva sparire anche lo spazio. Prima non era così… E usò la parola “prima” per la prima volta.
Il principe diede a x il nome di tempo e lo indicò con t.
Concluse anche che al variare di t doveva variare d e questa relazione la chiamò movimento. Se si fermava il movimento si doveva fermare lo spazio e anche il tempo. Ma, allora, il tempo doveva già esistere prima che nascesse, perché se fosse stato zero sarebbe stato zero anche lo spazio. Ma quello non poteva essere, perché lui viveva nello spazio. L’importante era, comunque, che la proprietà c rimanesse costante come tutte le altre. Una particella poteva tornare alla posizione originale in modo da percorrere una distanza “al contrario”. Lo stesso faceva anche il tempo, ovviamente. Che proprietà di “saltare” avevano le altre particelle? Era la stessa per tutte? Ogni cosa a suo … tempo, adesso voleva giocare…
Si divertì moltissimo ad andare fino al tempo t e tornare al tempo 0. Forse anche lo spazio spariva davvero... Com’era bello, regolare, simmetrico il suo regno! Poi, un giorno, il tempo decise di non tornare più indietro o forse fu lo spazio a diventare troppo grande…
Ma questo accadde in un altro mondo, quello della Fisica Addormentata. Nel suo mondo piccolo piccolo, tutto rimase SEMPRE uguale com’era stato PRIMA (parole ormai ben conosciute).
Il racconto è solo una bozza, aperta a tutti, dato che abbiamo… tempo. Forza, ampliatelo, miglioratelo, capovolgetelo, allungatelo, accorciatelo… insomma, datevi da fare! E’ solo (?) una favola e la fantasia può correre dove vuole, ma dentro allo spazio-tempo del principe, ovviamente…
11 commenti
Sto provando a buttar già qualcosa ma ho una duplice difficoltà, la prima è ovviamente semplificare alcuni concetti attraverso un racconto (cosa in cui tu Enzo sei maestro, ma ti garantisco che è difficilissimo), l'altra è data proprio dalla MQ, che parla di campi e funzioni d'onda, mentre le protagoniste della nostra storia sono le particelle
caro SMA,
il principe le chiama particelle, ma noi non sappiamo che occhi ha... Anche le funzioni d'onda possono essere considerate tali. Però se qualcuno le vede... insomma è solo fantascienza... Buttati senza paura....
be visto che ci stimoli ad intervenire in questa bozza/favola mi permetto di farlo, senza offesa ovviamente e sperando di non dire fesserie visto la complessità eccezionale dell'argomento...
Se possibile io preferirei sostituire il termine particella con il termine fantasmini per dare l'idea di qualcosa che c'è e non c'è, insomma una particella si, ma virtuale che ha la probabilità di essere li ma che non è detto sia proprio in quel punto.
I fantasmini ogni tanto sembrano diventare reali e abbandonare quel regno (che essendo abitato da fantasmi magari possiamo anche chiamare aldilà) ma poi immediatamente la situazione si ricompone tornando alla totale immutabilità.
Ad un certo punto accade un evento per cui un di questi fantasmi acquisisce un'energia tale da essere spinto fuori da quel regno dell'aldila e tale da farlo diventare reale a tutti gli effetti.
Esce da quel regno lasciando un buco in una delle infinite posizione in cui sarebbe potuto stare ed entra nel bosco come particella vera e propria staccandosi dal suo vecchio regno.
Dato che nelle favole se una cosa può accadere prima o poi accade, questa volta la particella che si è ritrovata nel bosco ha sufficiente energia, velocità e spazio a disposizione per non tornare più indietro nei suoi passi a ricoprire lo spazio lasciato vuoto nel vecchio regno
Contemporaneamente però anche questo spazio vuoto lasciato nel regno diventa un qualcosa di reale somigliante all'ombra della particella stessa.
Il regno perde quindi la sua caratteristica di immutabilità e cosi nasce il tempo.
Subito dopo questo evento il regno comincia a crollare come un castello di carte e il buco (o l'ombra) creato diventa sempre più grande occupando una porzione di spazio sempre maggiore a velocità iperboliche e, in modo equivalente, il bosco comincia a popolarsi di particelle vere che occupano uno spazio crescente a velocità iperbolica.
Questa fase di popolamento rapidissimo termina quando il regno finisce di crollare come un castello di carte e trova un nuovo equilibrio...
Le particelle erano molto simili in quanto potevano spostarsi, apparire e scomparire alla stessa velocità.
Era tutto abbastanza monotono, ed al Principe venne in mente una parola, simmetrico, anche se non sapeva bene cosa significasse.
Poi, all'improvviso, si accorse che qualcosa era cambiato.
Il Principe si sentiva più goffo nei movimenti, come se avesse qualcuno sulle spalle, oppure attaccato alle gambe, ma non si poteva liberare da lui (o lei?), era una presenza costante in ogni punto dello spazio, una bella scocciatura insomma.
Provò a capire chi fosse e vide un'altra particella, e dato che ormai doveva conviverci la chiamò Peter.
Dopo i primi istanti non proprio idilliaci, i due fecero amicizia, dopotutto era stato Peter a rompere la monotonia iniziale!
Le particelle simili dunque avevano cambiato aspetto, il Principe se ne rese conto quando provò a spostarne alcune ed incontrò una notevole resistenza rispetto ad altre.
Ora però poteva individuarle meglio grazie a questa nuova proprietà che indicò con m e chiamò massa.
Anche altre proprietà erano cambiate, quelle grandi sembravano correre più lentamente, come se avessero molti "Peter" attorno che le frenava, altre invece continuavano diritte alla massima velocità c, forse Peter non le reputava molto interessanti...
[to be continued...]
ottimo ragazzi!
aspettiamo ancora qualche altro contributo e poi cerco di inserire il tutto in un quadro unico... E poi vedete se va bene o se dobbiamo modificare... e via dicendo. Ricordiamoci, però, che è una favola...
Stanotte ho fatto un sogno, ho sognato di essere il signore del TEMPO.
Il mio mondo all'inizio era bello, ordinato, ovunque guardassi percepivo le stesse sensazioni, come un oceano senza vento le piccole onde si increspavano monotone in ogni direzione inafferrabili, per ogni onda che procedeva in avanti un'altra procedeva in direzione opposta annullandosi in un perfetto equilibrio. Ed io mi crogiolavo in questo mare di Dirac sempre uguale a se stesso, eterno perché il TEMPO non esisteva. Perlomeno non come intendiamo noi adesso, il tempo esisteva ma il futuro era esattamente uguale al passato in perfetto equilibrio. Nel mio mondo nulla cambiava, all'improvviso un fulmine!, un'esplosione inflazionistica! HO PAGATO LA BOLLETTA DELLA LUCE? così è nata l'equazione TEMPO = ENERGIA!
Poi mi sono svegliato, la settimana prossima verificherò se ho pagato la bolletta entrando in casa e premendo l'interruttore...
GRANDE Beppe!!!!
Il quadro è perfetto. Ci manca ancora la capacità di riuscire veramente a vivere senza il tempo. Cerchiamo di immedesimarci, ma poi ci scappano sempre parole e aggettivi che ne fanno uso diretto o indiretto... Ad esempio: procedere, sempre, inizio...
Forse dovremmo calarci all'interno del tempo di Planck. Il movimento esiste perché esiste il tempo... Se non ci fosse tutto sarebbe immobile. Più ci penso e più sento che le particelle elementari siano troppo grandi per darci un'idea della realtà, quella vera, quella alla base di tutto. Ognuna è un piccolo, infinito Universo... dove il tempo esiste ma è ZERO...
Basta! Torniamo a quel poco che sappiamo...
Vabbè, ci provo anch'io....
Un giorno il Principe incontrò un Contastorie di passaggio ed affascinato gli chiese: “raccontami una delle tue infinite storie”.
E perché no mio caro Principe, visto che sei esperto di regni, ti racconterò la storia del regno nascosto.
Questa è la storia di un regno strano, dove non esiste l'esterno, ma c'è solo l'interno.
In quel regno ovunque tu guardi vedi solo te stesso, ti sembra di essere ovunque e da nessuna parte e tutto appare immobile e sembra non mutare mai.
Questo almeno è quello che credeva l'immutabile sovrano ed unico abitante di quel regno.
Eppure all'orecchio dell'unico sovrano, che poi era pure l'unico suddito, erano giunte alcune voci; più che altro leggende e narrazioni, pensava l'immutabile Re.
Si narrava delle gesta di Planck, uno strano marinaio che raccontava dell'esistenza di altri regni.
Altri regni? Come possono esserci altri Regni se l'esterno non esiste?
L'anziano marinaio pazzo, raccontava di Regni animati da una infinita quantità di cose, dove l'esterno e l'interno erano separati e potevano accorgersi l'uno dell'altro.
In quel regno, raccontava il marinaio, gli abitanti sono separati uno dall'altro, possono vedersi, anche se man mano che si allontanano sembrano sempre più piccoli.
Allontanano?
Cosa significa allontanano, chiese l'unico immutabile sovrano del regno nascosto?
Caro Re, significa che gli abitanti possono trovarsi quasi a contatto con altri abitanti, ed in tal caso l'esterno assomiglia sempre più all'interno, oppure possono trovarsi sempre meno a contatto, vicini, ed in tal caso l'esterno appare sempre più esterno, finché gli altri non scompaiono dalla vista.
In quel Regno la maggior o minor vicinanza la chiamano distanza, d'altronde dicono di aver scoperto una strana cosa che si chiama spazio e che permette all'interno di vedere l'esterno e di misurare la maggior o minor vicinanza di un altro abitante.
Non solo, in quel Regno tutto cambia, nulla è immutabile.
Gli abitanti hanno imparato a riconoscere queste continue mutazioni ed hanno cominciato a osservarle e definirne un 'ordine.
Quale ordine?
Un ordine che chiamano tempo..... prima è successo questo, ora sta succedendo quest'altra cosa e poi succederà qualcos'altro.
Di nuovo l'immutabile sovrano, sbuffando, pensò, come si può dare un ordine se nulla cambia?
Caro Re, ma in quel Regno tutto cambia a tal punto da poter usare questi mutamenti come segni del tempo, del suo scorrere, del suo fluire, del suo essere fiume impetuoso che a volte sembra scorrere velocemente ed altre volte lentamente.
Ma se esistono questi Regni perché non mi hanno mai contattato?
Planck, il marinaio, anche se sembrava pazzo ne sapeva una più del diavolo, per gli altri il Regno nascosto è troppo piccolo per essere visto e troppo immobile per scorgervi qualche segno di vita.
Non riescono a distinguervi dalle altre cose, per loro siete più piccoli del più piccolo punto, e tutto il regno è racchiuso in quel punto, e non cambiando mai nulla non riescono ad applicare la loro strana invenzione che chiamano tempo.
Planck non era l'unico a raccontare strane storie, ancor più pazzo doveva essere Dirac il pirata.
Il simpatico pirata raccontava di immensi tesori, e la sua natura impetuosa lo portava anche a descrivere mari increspati, onde, fluttuazioni e altre strane cose che accadevano anche lì dove nulla poteva accadere, dove tutto sembrava immutabile.
Il suo racconto sembrava così fantastico che si era guadagnato il nomignolo di Dirac il quantico.
Il pirata tra le sue avventure diceva di aver incontrato strane creature fatte solo di energia il cui comportamento a volte assomigliava a quello di talpe marine, capaci di scavare tunnel anche controcorrente.
Non sempre ci riuscivano, ma questo non era importante, poiché avevano tutto il tempo che volevano per provare e riprovare.
Quando ci riuscivano, anche se nell'impresa avevano usato molta delle loro energia sprigionavano l'alito del tunnel.
Come al solito l'immutabile sovrano, ancor più perplesso stava per porre l'ennesima domanda, quando proprio lì un talpa marina era riuscita a terminare il suo tunnel, sprigionando l'alito del tunnel.
L'immutabile sovrano riconsiderò immediatamente le storie di Dirac il quantico, il cui vessillo svolazzava proprio in mezzo a quell'alito impetuoso.
Il sovrano immutabile per la prima volta fu costretto a muoversi, approfittando della presenza del vascello pirata, scroccò un passaggio, presentandosi come l'unico suddito del regno nascosto.
Nel frattempo l'alito del tunnel soffiava così impetuoso da svegliare anche un economista di passaggio che spaventato da quel trambusto continuava a ripetere è arrivata l'inflazione, si salvi chi può!
L'alito del tunnel, aveva rotto l'unica corda che legava il vascello agli ormeggi, sfilacciandola in quattro corde, che Dirac il quantico chiamava forze (pare che sia nato lì il famoso detto: “che la forza sia con te”).
L'alito aveva cambiato tutto, ora nulla era immutabile, tutto continuava a cambiare, mandrie di Leptoni e di Bosoni avevano rotto i recinti e scorazzavano indisturbati distanziandosi gli uni dagli altri.
Ora anche il sovrano poteva vedere l'esterno.
Quale miglior risposta alle sue domande.
Lontano, vicino, distanza, spazio ora non erano più leggende erano proprio lì davanti ai suoi occhi.
Dopo le prime mandrie, altri e nuovi abitanti fecero la loro comparsa ed il sovrano pensò: ma guarda quanta roba c'era nel mio regno ed io che pensavo di essere unico.
Istante dopo istante appariva una nuova fauna composta da una miriade di particelle, amiche e nemiche. Alcune di queste proprio non si potevano sopportare e si scontravano fino a disintegrarsi a vicenda, come i temibili quark ed i loro nemici antiquark.
Ora anche il Re e suddito, ex immutabile, poteva avvertire lo scorrere del tempo.
Ora i nuovi piccoli abitanti provenienti dal regno nascosto potevano finalmente giocare liberi, realizzando imprese e giochi sempre più divertenti e complessi, realizzando il Regno dell'Universo.
Ma questa è un'altra storia ed ora che il tempo ormai ha fatto la sua comparsa, il tempo a nostra disposizione è terminato, esclamò il Contastorie salutando il Principe.
Paolo
magnifico... bisognerà per davvero cercare di incastrali tutti in un contesto unico... Potremmo chiedere aiuto a ... Feynman!
Principe...é ció che sapeva di essere. Non si era mai chiesto il motivo, non ne sentiva il bisogno.
Era una situazione strana, la sua.
Noi forse non riusciremo mai a capire in pieno quello che provava e probabilmente non possiamo nemmeno provare a immaginarlo.
Non era come noi o almeno non ci assomigliava abbastanza da considerarlo nostro simile, ma nonostante questo il suo ruolo nel grande gioco che si preparava non era molto dissimile dal nostro.
All'inizio lui era li, anche se ancora non capiva dov'era il "li".
A dire il vero probabilmente non pensava, ne ricordava e nemmeno immaginava...lui semplicemente "era", senza nemmeno accorgersi di essere!
Poi tutto d'un tratto qualcosa in lui (o qualcosa intorno a lui, ancora non se lo sa spiegare) cambió e come per magia prese coscienza di tante, tante cose.
La prima era forse la piú meravigliosa : Ora lui riusciva a percepirsi!
Ora finalmente sapeva definirsi da solo (o forse era una sua illusione, ma -per la miseria!- era splendida!), anche se al momento la cosa era molto confusa, riusciva a distinguere il suo essere.
Sapeva che ció che era compreso entro quello strano e confuso spazio (decise di chiamarlo cosí) era il Principe!
E poi c'era quella strana sensazione, costante e insistente, che continuava ad avvertire insieme a quella che l'aveva aiutato a compiere la sua prima e meravigliosa scoperta.
Decise finalmente di guardare oltre se stesso e......
Visto che voi avete preferito andare avanti, io ho provato ad andare nella direzione opposta
In ogni caso ben ritrovati! Mi sa che son rimasto molto indietro, ma non ho potuto resistere a questo bel gioco.
ciao Andrea!!!
è bello vedervi liberare la fantasia, ma con un piede sempre all'interno della MQ (chi più chi meno)... Mi divertirò a cercare di mettere tutto assieme, per la seconda lettura globale... Qualche spunto potrebbe arrivare anche dalla seconda parte della QED...