Categorie: Terra
Tags: aborigeni aurore polari bussole campo magnetico terrestre inversione del campo magnetico paleomagnetismo sedimenti Tasmania
Scritto da: Vincenzo Zappalà
Commenti:6
Beati gli aborigeni della Tasmania... **
Il presente articolo è stato inserito nella sezione d'archivio Pianeta Terra
Questo articolo riporta una scoperta estremamente importante che sta dando il via ad altre ricerche dello stesso tipo, sempre più accurate. Potrei anche proporvelo come quiz... No, no, state tranquilli, non lo faccio...
In Tasmania vi è un bellissimo laghetto di montagna (intorno ai 5 km di larghezza) che racchiude al suo interno molti segreti.
Studiandolo più da vicino, potrei dirvi, con ottima sicurezza, che i primi aborigeni che popolarono la splendida isola assistettero a meravigliose aurore australi, come non ne abbiamo mai viste. Voglio strafare: ciò capitò quasi esattamente 41 000 anni fa! No, non ho una sfera di cristallo che mi faccia leggere il passato o -almeno- mi affido a qualcosa di ben diverso. Come ho fatto?
Intanto guardiamo la situazione attuale delle aurore australi e la loro normale ubicazione:
Si vede bene che la Tasmania sembra ben al di fuori dalla zona "calda", eppure... 41 000 anni fa posso assicuravi che le aurore erano veramente spettacolari. Va bene, non vi voglio lasciare in trepida attesa... La storia parte da uno studio sui depositi accumulatisi sul fondo del lago e che permettono di studiare gli ultimi 270 000 anni; tale è infatti la sua età. I depositi più vecchi sono al fondo e poi, lentamente, si arriva fino ai nostri giorni.
Gli strati geologici preservati nel fondale rappresentano un libro aperto sulle variazioni degli ecosistemi che hanno, nei millenni, contraddistinto quel luogo. Si vede benissimo come, ad esempio, esso sia stato modificato con l'arrivo dei primi umani, circa 43 000 anni fa e, ancora meglio, come sia stato modificato circa 200 anni fa con l'arrivo degli europei.
Ma non si trovano solo fossili e segni di cambiamenti climatici... Dalle rocce, tutt'attorno al lago, sono state erose e trasportate in fondo al lago, attraverso vento e pioggia, moltissime particelle magnetizzate, proprio quelle che, al pari di piccole bussole, indicano la direzione del campo magnetico. Esse rispecchiano la situazione del momento e, poi, intrappolate dei depositi del fondale, sono rimaste bloccate nello strato relativo alla loro situazione geomagnetica. In altre parole, possono mostrare i cambiamenti del campo magnetico sia come direzione che come intensità.
Un perfetto insieme di prove che indicano come proprio intorno a 41 ooo anni fa il campo magnetico terrestre si sia "ribaltato", il nord divenne sud e viceversa. Durante questa fase di drastica inversione, la Tasmania si è venuta a trovare nelle condizioni ideali per essere nel pieno della zona colpita dalle aurore. Non solo, però, durante questi ribaltamenti, sempre avvenuti e che sicuramente avverranno in futuro, il campo magnetico perde di intensità e diventa uno scudo non molto efficace per i raggi cosmici. Più raggi cosmici e più splendenti le aurore. Poiché gli aborigeni erano primitivi, ma non ancora rincretiniti dal progresso, la faccenda gli causò soprattutto molta meraviglia. Del tutto diversa sarebbe la situazione odierna: non saremmo tanto colpiti dalle aurore, ma dalla catastrofe mediatica, dato che i satelliti per telecomunicazioni sarebbero messi fuori uso e, insieme a loro (terrore! terrore... ben peggio di una pandemia), anche i cellulari, gli smartphone e gran parte dei sistemi di distribuzione dell'energia, utilizzati tutti i giorni con sempre maggiore voracità.
Non sappiamo esattamente quando capiterà di nuovo un episodio del genere, ma potremmo non esserci molto lontani. Una vera fine del mondo o -meglio- del mondo tecnologico. Chissà quanti suicidi nel dover passare anni o secoli senza la propria appendice informatica in grado di abbassare sempre di più la razionalità. Ovviamente, ci sarebbero dei risvolti decisamente negativi ( per molti il cellulare è un requisito fondamentale per migliorare il lavoro e l'assistenza rapida), ma per la maggior parte del popolo sarebbe un trauma di carattere quasi soltanto psicologico. Vuoi mai che i giovani (ma non solo) inizino a imparare a lavorare, a pensare e a migliorare un mondo umano sempre più devastato dalla stupidità e dalla avidità?
Per adesso, pensiamo alla ricerca. Il gruppo che ha scandagliato il lago Selina, vuole adesso dedicarsi a un cratere da impatto, il Darwin Crater (sempre in Tasmania e con un diametro di poco più di 1 km), che permetterebbe di tornare più indietro nel tempo, fino a 816 000 anni fa. Vuoi mai che si trovino depositi di rottami di smartphone e di tablet?
Articolo originale QUI
In Nuova Zelanda alberi vecchi di ben 42 000 anni sono stati testimoni di uno dei più severi cambiamenti climatici mai registrati, causato probabilmente dal temporaneo azzeramento del campo magnetico avvenuto durante una delle tante inversioni dei poli. Ne parliamo QUI.
P.S.: La mia è una versione molto terra-terra, ricca dei miei soliti accenni polemici. Invito, ovviamente, il nostro geologo "capo", Guido, a illuminarci di più e con maggiore precisione, sempre che lo ritenga opportuno!
*************************************************
Raccolgo con piacere l'invito di Enzo e mi permetto di aggiungere qualche particolare in proposito all'affascinante argomento dei "magnetic reversals". Affascinante perchè il fenomeno per ora se ne sta dietro un velo, lasciandoci vedere qualche sua fattezza ma sottraendosi invece alla vista per una frazione ben maggiore.
Le analisi sulle rocce e sui sedimenti fatte un po' ovunque hanno da tempo confermato che il campo magnetico principale della Terra (quello che si usa considerare dovuto al dipolo e che è responsabile della quasi totalità del valore misurato punto per punto) ha subito delle inversioni, portando il polo magnetico N più o meno al posto del polo magnetico S e viceversa (ricordiamo che i due poli magnetici terrestri non sono esattamente opposti). In tempi remoti (per es. qualche centinaia di milioni di anni fa) i dati suggeriscono che queste inversioni siano avvenute con un ritmo molto più lento rispetto ai tempi più recenti: negli ultimi 10 milioni di anni si ritiene che le inversioni siano state dell'ordine di 5-6 ogni milione di anni. Questa prima considerazione già suggerisce che si sia di fronte ad un fenomeno di difficoltosa, se non impossibile, predicibilità. Purtroppo i dati disponibili sono frammentari e ancora non disponiamo di una "colonna stratigrafica geomagnetica" completa che mostri l'andamento del campo nel tempo e più si va indietro più aumentano i "buchi" nei dati (la tettonica a zolle che continua a fare e disfare la crosta terrestre, sottraendoci testimonianze del lontano passato). Come se non bastasse i dati mostrano anche che il campo principale ha avuto momenti di indebolimento, anche piuttosto pronunciato, da cui si è poi magicamente ripreso tornando ai valori "normali" senza alcuna inversione (il fenomeno si indica con il termine di "escursioni magnetiche"). Misurazioni su materiali recenti (epoca romana) hanno fornito valori del campo principale ben superiori a quelli attuali (quasi doppi in intensità) e le misurazioni dirette (continue o quasi dal 1840 in poi con qualche dato sporadico anche prima) indicano un decremento dell'intensità del campo totale ad un tasso piuttosto regolare fino ad oggi. Proiettando nel futuro tale andamento è stata fatta l'ipotesi che il campo principale si annulli entro 1500-1600 anni (resterebbe comunque il campo locale, dovuto alla magnetizzazione crostale), ma non è possibile sapere se si tratti di un fenomeno prodromico ad una inversione o solo ad una escursione.
Quanto tempo occorre al campo per invertirsi? Non lo sappiamo, sempre a causa della frammentarietà dei dati. Sfruttando però le tecniche di simulazione numerica del campo (cioè riferendosi ai medesimi modelli matematici che si usano per redigere le carte geomagnetiche) si sono potuti evidenziare periodi dell'ordine di alcune migliaia di anni in cui il campo principale si indebolisce gradualmente fino quasi a lasciare il posto ai soli campi crostali e con i poli N e S vaganti (in queste condizioni i modelli mostrano un campo principale ridotto al 10% del suo valore normale, praticamente il campo dovuto al dipolo quasi sparisce) per ricomparire con i poli magnetici invertiti e poi risalire ai valori di intensità pre-inversione.
Sull'argomento c'è ancora molto da lavorare e studiare.
Guido Ghezzi
6 commenti
Buongiorno a tutto il Circolo. Raccolgo con piacere l'invito di Enzo e mi permetto di aggiungere qualche particolare in proposito all'affascinante argomento dei "magnetic reversals". Affascinante perchè il fenomeno per ora se ne sta dietro un velo, lasciandoci vedere qualche sua fattezza ma sottraendosi invece alla vista per una frazione ben maggiore.
Le analisi sulle rocce e sui sedimenti fatte un po' ovunque hanno da tempo confermato che il campo magnetico principale della Terra (quello che si usa considerare dovuto al dipolo e che è responsabile della quasi totalità del valore misurato punto per punto) ha subito delle inversioni, portando il polo magnetico N più o meno al posto del polo magnetico S e viceversa (ricordiamo che i due poli magnetici terrestri non sono esattamente opposti). In tempi remoti (per es. qualche centinaia di milioni di anni fa) i dati suggeriscono che queste inversioni siano avvenute con un ritmo molto più lento rispetto ai tempi più recenti: negli ultimi 10 milioni di anni si ritiene che le inversioni siano state dell'ordine di 5-6 ogni milione di anni. Questa prima considerazione già suggerisce che si sia di fronte ad un fenomeno di difficoltosa, se non impossibile, predicibilità. Purtroppo i dati disponibili sono frammentari e ancora non disponiamo di una "colonna stratigrafica geomagnetica" completa che mostri l'andamento del campo nel tempo e più si va indietro più aumentano i "buchi" nei dati (la tettonica a zolle che continua a fare e disfare la crosta terrestre, sottraendoci testimonianze del lontano passato). Come se non bastasse i dati mostrano anche che il campo principale ha avuto momenti di indebolimento, anche piuttosto pronunciato, da cui si è poi magicamente ripreso tornando ai valori "normali" senza alcuna inversione (il fenomeno si indica con il termine di "escursioni magnetiche"). Misurazioni su materiali recenti (epoca romana) hanno fornito valori del campo principale ben superiori a quelli attuali (quasi doppi in intensità) e le misurazioni dirette (continue o quasi dal 1840 in poi con qualche dato sporadico anche prima) indicano un decremento dell'intensità del campo totale ad un tasso piuttosto regolare fino ad oggi. Proiettando nel futuro tale andamento è stata fatta l'ipotesi che il campo principale si annulli entro 1500-1600 anni (resterebbe comunque il campo locale, dovuto alla magnetizzazione crostale), ma non è possibile sapere se si tratti di un fenomeno prodromico ad una inversione o solo ad una escursione.
Quanto tempo occorre al campo per invertirsi? Non lo sappiamo, sempre a causa della frammentarietà dei dati. Sfruttando però le tecniche di simulazione numerica del campo (cioè riferendosi ai medesimi modelli matematici che si usano per redigere le carte geomagnetiche) si sono potuti evidenziare periodi dell'ordine di alcune migliaia di anni in cui il campo principale si indebolisce gradualmente fino quasi a lasciare il posto ai soli campi crostali e con i poli N e S vaganti (in queste condizioni i modelli mostrano un campo principale ridotto al 10% del suo valore normale, praticamente il campo dovuto al dipolo quasi sparisce) per ricomparire con i poli magnetici invertiti e poi risalire ai valori di intensità pre-inversione.
Sull'argomento c'è ancora molto da lavorare e studiare.
grazie Guido,
sempre puntuale e preciso!
Grazie a te, Enzo, che con questi "assist" mi permetti di dare il mio modesto contributo e di diffondere un po' di conoscenza geologica.
E per diffonderla ancor di più... potevo non inserire il commento di Guido nell'articolo?
Ottimo Scherzy!!
Grazie Scherzy!