I Racconti di Vin-Census: BIG BANG
"Ci sono due grandi tragedie nella vita. La prima è desiderare ciò che non si può avere... la seconda è ottenerla"
(aforisma attribuito a Oscar Wilde)
Esisteva o non esisteva? E se esisteva com’era fatto? Era veramente senza dimensioni? E prima di lui cosa c’era?
L’uomo aveva scoperto tutto e di più. Aveva catalogato, analizzato, descritto, compreso qualsiasi forma di materia e di energia lo circondasse nella finita immensità del Cosmo o, ancor meglio, nella sua infinita limitatezza. Aveva riprodotto nei laboratori qualsiasi tipo di reazione fosse già avvenuta, avvenisse o sarebbe potuta avvenire nell’Universo, accelerandola e ritardandola a piacere. Era riuscito a separare lo Spazio dal Tempo, muovendosi senza limiti apparenti in quella disordinata perfezione o, forse, ordinata imperfezione. Lui così piccolo, indifeso, giovane, sembrava poter dominare le leggi assolute della materia e dell’energia. Eppure, ancora e sempre, quell’antica domanda lo assillava più forte che mai: com’era nato il tutto?
Quel “nome” che lo aveva tormentato per millenni era ancora un segno indelebile della sua ignoranza: Big Bang. Un nome che sembrava uno scherzo, un gioco da bambini, un modo di dire. Eppure no, era il simbolo dell’ignoto. Nessuno l’aveva ancora visto e nemmeno sapeva cosa fosse avvenuto veramente in quell’istante. Un’infamia, una colpa che pesava tristemente ed inesorabilmente sulla mente così evoluta dell’essere più complesso e perfetto dell’Universo. Ma quel “nome” era anche la felicità e la certezza per coloro che continuavano a vedere in tutto ciò la mano di un Creatore Supremo. Non vi era infatti alcun bisogno che Dio avesse “costruito” ogni singola parte del Cosmo, bastava che avesse dato il via a quella scintilla di partenza. Ne sarebbe stato comunque il vero unico ideatore. Questa semplice e feroce contrapposizione era diventata la vera ragione di vita del quarantasettesimo secolo: la Scienza contro la Fede. Ma senza tante sfaccettature come una volta, nella notte dei tempi.
Le due visioni contrastanti condividevano ogni particolare ed ogni legge dell’Universo, tranne quel singolo, rapidissimo, microscopico “punto”: il Big Bang. Gli Scienziati dicevano: “abbiamo capito tutto e siamo arrivati al nocciolo primordiale. Non sappiamo cosa sia o cosa ci sia stato prima. Ma siamo riusciti senza problemi a comprimere tutta la massa e l’energia in quella singolarità senza spazio e senza tempo. Non abbiamo bisogno d’altro”. I Credenti sorridevano e rispondevano: “bravissimi! concordiamo perfettamente con voi. Tutto è ora chiaro e nitido e ve ne siamo grati e riconoscenti. Ma noi sappiamo una cosa in più, quella decisiva. Conosciamo chi ha creato quel “punto”. E’ lo stesso Dio che ora guarda con misericordia e compiacimento la Sua opera mentre segue le leggi impresse nel DNA del Big Bang, della sua “creatura”, all’atto della formazione. Parlate con Lui se volete sapere cosa c’era prima e come ha fatto a dare il via a tutto… Noi lo sappiamo fare nel nostro intimo. Voi vi fermate a quel momento che chiamate “iniziale” e chiudete gli occhi, ma l’ignoranza vi tormenta nell’inconscio.” Ed infatti era vero.
Gli Scienziati sentivano quel peso enorme che gravava crudelmente sulla loro razionalità. Avevano tentato tutto ciò che era possibile. Avevano cercato di viaggiare nel tempo tornando indietro fino all’origine. Lo sapevano fare, “strappando” il tessuto spazio-temporale. Ma il dilemma non cambiava. Rimanevano sempre parte integrante dell’Universo, si muovevano al suo interno. Tutto ciò che avevano ottenuto era di sentirsi “teoricamente” sempre più vicini a quel punto, ridotti a pura energia, o al limite di vedere le forze fondamentali unificarsi, ma nient’altro. L’Universo primordiale rimaneva sempre e comunque apparentemente infinito e la domanda senza risposta. Oltre non potevano certo andare: una cosa era rompere il legame tra spazio e tempo, un’altra era proseguire dove il tempo e lo spazio non esistevano ancora! Lo stallo era insuperabile, lo scontro tra le due visioni, così simili e così lontane, rimaneva senza speranza di trovare una soluzione. E così sarebbe stato per millenni e millenni se in quel piccolo villaggio dell’India meridionale non fosse nato Amir Shandra.
Sembrava un bimbetto vispo e allegro come tanti altri, ma a quattro anni risolveva già a mente le equazioni differenziali più complicate. A sei scrisse le prime teorie sulla sintesi globale dell’elettronica della mente e formulò le leggi fondamentali che descrivevano matematicamente qualsiasi cervello sia inferiore che superiore, sia degli animali che del più grande genio umano. A dieci si stufò e si diede all’astrofisica. A dodici anni trovò la soluzione al problema del Big Bang. O, almeno, trovò la via per risolverlo.
Quando Amir parlava o scriveva tutto sembrava facile e ovvio. Ma non era così: spesso e volentieri solo lui capiva quello che diceva. Gli altri obbedivano, ma faticavano a comprendere. La sua grande intuizione era in fondo teoricamente banale: “se viaggiamo all’interno del nostro Universo ne facciamo sempre parte e non potremmo mai capire cosa è successo all’inizio né tantomeno cosa è successo prima, sempre che esista un “prima”. Poco male. Noi viaggeremo all’esterno, e saremo spettatori degli eventi. Forse un po’ come il Dio dei Credenti!” Fino a lì tutti compresero, perfino i suoi coetanei. Ma quando cominciò ad esprimere con formule i suoi semplici concetti e dovette introdurre per lo scopo una nuova matematica irrazionale ed una simbologia creata “ad hoc”, nessuno riuscì a commentare o ad aprire bocca. Gli Scienziati iniziarono a sperare ed i Credenti a temere. Amir sembrava così sicuro di sé stesso …
Dalle formule si passò alla costruzione di un aggeggio assurdo. Sembrava un cubo, ma senza “facce” o quantomeno non si riusciva a capire quante ne avesse: sei, dodici, duemila? “Ipercubo adimensionale”, rispondeva semplicemente Amir e sorrideva apertamente come solo un bambino di dodici anni sa fare. “Basta entrarci e ci si troverà al di fuori di ogni spazio e di ogni tempo, al di fuori di qualsiasi universo. Quella semplice leva di energia antibarionica pura vi permetterà però di spostarvi da uno all’altro. Per semplicità l’ho impostata su di un universo “barionicamente vuoto” e quindi trasparente, in cui il tempo scorre enormemente più veloce del nostro. In pochi dei nostri mesi sarete all’epoca dell’inizio, del nostro Big Bang. Lo vedrete prima, durante e dopo. Sarete spettatori esterni e vi basterà osservare. L’importante è non contaminarlo, restare all’interno dell’ipercubo. Poi, riportando la leva in posizione orizzontale tornerete a casa. Tutto molto semplice, direi!” E si mise a ridere seguendo con gli occhi le evoluzioni di quella dispettosa scimmietta che stava saltando sull’albero al di fuori del laboratorio. Era pur sempre un bambino di dodici anni ...
Le prove della sua straordinaria abilità scientifica erano state talmente tante che nessuno osò sollevare dubbi ed i più grandi astrofisici ed ingegneri spaziali accettarono senza fiatare le semplici regole dettate da Amir, rinunziando a cercare di capirne di più. Dovevano solo scegliere l’equipaggio. Non poteva certamente andare Amir, anche se lui lo avrebbe voluto. La sua presenza era troppo importante nel centro di comando. Se qualcosa fosse andato storto, solo lui sarebbe potuto intervenire. La scelta cadde su un famoso astrofisico sperimentale, Lyng Cho-Huin, uno dei padri delle conquiste ottenute sugli “strappi” temporali. Ancora giovane, era aperto ad accettare qualsiasi nuovo fenomeno gli fosse apparso davanti. Non era ancorato a convinzioni ed a tradizioni troppo radicate, che avrebbero magari resi restii i più anziani colleghi troppo conservatori. Lo avrebbe accompagnato Pierre Duranton, un ingegnere spaziale dalle incredibili capacità tecnologiche. Era un po’ irruento e decisionista, ma sarebbe stato in grado di riparare una turbina sub-neutrinica con un semplice cacciavite! Probabilmente non avrebbero dovuto fare assolutamente niente, anzi quelle erano le consegne, ma era fondamentale selezionare il meglio del meglio. Con grande entusiasmo i due “astronauti” entrarono (o almeno sembrarono entrare) in quella specie di assurdità geometrica a n-dimensioni. Sembravano fantasmi, ombre prive di forma e massa, ma tutti riuscirono a vedere chiaramente il loro pollice alzato che indicava chiaramente “tutto OK!”. Poi Amir inserì la sua piccola mano dentro la parte immaginaria e l’ipercubo sparì alla vista: il viaggio era cominciato.
Lyng e Pierre passarono il tempo facilmente, dimenticandosi quasi di mangiare e di dormire, tanto eccezionale era lo spettacolo che scorreva di fronte ai loro occhi. Il “nostro” Universo stava scivolando rapidamente davanti, o dietro, o sopra, o sotto, verso il suo passato più remoto. Videro galassie che si dividevano, che si scioglievano, stelle che implodevano, materia che si sfaldava e che occupava sempre minore spazio. Se non fossero stati così aperti alle novità, forse i due viaggiatori sarebbero impazziti. Potevano direttamente osservare lo spazio che si contraeva, ne vedevano i limiti, ne misuravano la scala dei tempi, scorgevano innumerevoli altri universi che si toccavano, si compenetravano, si sfioravano. Ma non dovevano distrarsi. Uno e uno solo era quello che li interessava. Ciò che avrebbero scoperto sul loro sarebbe stato sicuramente valido anche per gli altri.
L’orologio “assoluto” sincronizzato con i muoni del sodio, che avevano al polso, non poteva sbagliare. Erano passati 13,8 miliardi di anni e dovevano ormai essere vicini al momento decisivo: adesso tutto sarebbe successo molto in fretta. Fecero finalmente partire la telecamera sub fotonica e per la prima volta si fermarono a guardare con relativa calma. Il loro Universo non era il solo che si stava “chiudendo” verso la propria origine. Scorsero chiaramente altri globi di luce piccolissimi che li circondavano e che sembravano restringersi sempre di più. Erano altri universi che stavano collassando verso il loro Big Bang. Ve ne erano a decine, a migliaia forse. Mai la mente umana aveva pensato di poter assistere a qualcosa del genere. Sembrava un sogno, ma un sogno incredibilmente vero e reale. Pierre si girò alla sua sinistra dove una piccola sfera stava scomparendo alla vista. Forse avrebbe assistito ad un altro Big Bang. Fu però troppo irruento e colpì o quantomeno le sue onde gravitazionali disturbarono la posizione giroscopica della telecamera. Doveva rimetterla a posto, ma non era banale. Accidenti, proprio adesso che il “suo” Universo stava diventando una piccola bolla e si stava avvicinando alla sua nascita. Ed era lì, proprio davanti a lui, poteva quasi toccarla. Assomigliava ad una sfavillante bolla di sapone.
Non sentì nemmeno l’urlo di Lyng, mentre allungava il braccio e le sue dita spingevano delicatamente il nostro Universo per metterlo davanti all’obiettivo della telecamera. Quell’azione gli era venuta automatica. Era infatti più facile spostare la piccola bolla che non quel sofisticato e complesso aggeggio tecnologico. Provò solo un leggero pizzicore mentre sfiorava la bolla con le dita. Poi la sentì disgregarsi: l’aveva distrutta come fosse stato un piccolo uovo caduto dal nido.
Riuscì solo a dire: “accidenti, e adesso?”, poi gli universi che lottavano per conquistarsi un loro spazio vitale fecero in fretta a prendere possesso di quel “buco” lasciato libero dall’ipercubo che era sparito nel nulla con il suo equipaggio. E non solo…
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9 commenti
Certo che mi è piaciuto !
Caro Enzo avresti dovuto scrivere qualche romanzo di Fantascienza, o forse lo hai fatto sotto pseudonimo ed un giorno scopriremo che dietro Herbert o Asimov c'eri tu.
Buon proseguimento
caro Giorgio,
in realtà romanzo breve l'ho scritto...
http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/introduzione-vini-dellaltro-mondo/
ed era arrivato anche tra i primi dieci in un premio letterario per storie di fantasy... ma tra me e Asimov c'è un spazio infinito come il Cosmo...
Ma quanti premi letterari hai vinto, Super-Enzone...??
http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2018/02/14/la-vera-storia-vin-census-17-un-vino-si-arrabbia/
beh... solo uno!
Mi sa che ti sei dimenticato di questo...
https://www.italiaatavola.net/articolo.aspx?id=21776
(ma in effetti, per amor di precisione, questo non è un premio letterario, ma giornalistico)
mi spiace Scherzy... ma è lo stesso articolo (quando un vino si arrabbia) e lo stesso premio...
Lo so... quindi i premi sono due: il premio letterario per il libro “Vini dell’altro mondo” e il premio giornalistico per “Quando un vino si arrabbia”
No... avevi ragione te: il premio letterario non lo hai vinto ma sei arrivato tra primi dieci. Sorry
Povera Umanità, l'hai condannata a 47 secoli di contrapposizione tra Scienza e Fede. Ma, a pensarci bene, sono già molti di più. Con 2700 anni a. C. arrivi appena alla civiltà egiziana e invece era già da mo' che gli stregoni lucravano sulle ingenuita' tribali.