Categorie: Corpi minori Strumenti e missioni
Tags: Hayabusa Hayabusa 2 Itokawa Ryugu
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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E se il Giappone ci riuscisse? *
Malgrado il continuo tentativo di non ammettere la verità, Rosetta ha mancato il suo obiettivo primario, quello di depositare un lander capace di mandare informazioni direttamente dal suolo dopo averlo analizzato in dettaglio. In questo contesto, dobbiamo ammettere che gli orgogliosi giapponesi sono stati molto più seri e onesti: la loro missione Hayabusa del 2005 ha avuto grossi problemi ed è stata giudicata abbastanza fallimentare. Tuttavia, ha insegnato molto e la sua figliola Hayabusa 2 potrebbe regalarci qualcosa di ben più importante. Purtroppo se ne parla poco…
Dire che Hayabusa è stata una missione fallimentare è forse un po’ troppo severo. Bene o male la sonda è scesa sull’asteroide Itokawa ed è riuscita a prelevare un po’ di materiale e riportarlo a Terra. Poca roba, sicuramente, e gli intoppi della missione sono stati notevoli. In ogni modo sempre meglio di Philae...
Anche se molto parziali, i risultati non sono certo da buttare via. Almeno due dati di fatto sono stati dimostrati: (1) questi piccoli asteroidi sono strettamente legati agli asteroidi di fascia principale e alle meteoriti più frequenti (un’ovvietà? Sì… ma dimostrare le ovvietà è sempre un risultato); (2) essi sono un agglomerato di rocce tenute assieme dalla gravità ed essenzialmente molto giovani.
Tutta la storia di Hayabusa la potete leggere tranquillamente su Wikipedia (QUI). Una missione sfortunata o -forse- prematura, ma sicuramente molto istruttiva. Noi vogliamo soffermarci solo su un paio di conclusioni che le immagini ravvicinate hanno chiaramente dimostrato: gli oggetti a rischio di impatto con la Terra sono proprio quello che il più grande disegnatore di Paperino aveva ipotizzato nel lontano 1960. Ne ho già parlato in altri articoli, ma vale la pena mostrare nuovamente, in Fig. 1, le due vignette fondamentali di quel vecchio e geniale racconto, affiancate a un’immagine REALE di Itokawa. Sembra proprio che le vignette siano una visione “artistica” dell’immagine autentica.
Vi è una quasi totale mancanza di crateri, mentre l’aspetto generale è proprio quello di grossi massi affiancati, intervallati da strutture lisce che indicano le zone dove i grandi sassi si sono uniti tra loro e/o la polvere ha coperto gli strati inferiori (regolite). Proprio ciò che si poteva immaginare dopo la distruzione di un asteroide più grande, i cui frammenti si sono parzialmente uniti e hanno iniziato il loro viaggio verso i pianeti interni, in balia di qualche risonanza.
Questi urti avvengono abbastanza frequentemente e i frammenti che sono obbligati a visitare le zone interne del Sistema Solare non possono avere una lunga vita: o vengono espulsi per sempre o impattano sul Sole o sui pianeti come la Terra. Non vi è nemmeno il tempo, per loro, di essere segnati da crateri e, se anche fossero stati colpiti da meteoriti, i crateri farebbero in fretta a essere nascosti dai massi che rotolerebbero nascondendo la ferita. Nel caso di Itokawa sembra che gli strati esterni siano stati "esposti" per non più di 8 milioni di anni.
Gli stessi passaggi vicini ai pianeti comportano, poi, forti effetti mareali e una completa ristrutturazione della configurazione geometrica e topografica. Il fatto che Itokawa è un agglomerato di frammenti può essere dimostrato anche dalla diversa densità riscontrata in due zone dello stesso piccolo oggetto (circa 300 metri di diametro medio).
Lo vediamo nella Fig. 2 dove la parte rossa ha una densità di 2.8, mentre quella azzurra di 1.8 g/cm3. Differente composizione? Penso proprio di no… solo differente struttura interna con zone di “vuoto” più o meno estese. Provate a mettere a contatto massi irregolari e vedrete che tra di loro si formano zone vuote che sono funzione di quanto siano piccoli i massi che cercano di ricostruire un qualcosa di omogeneo. Ovviamente, la gravità riesce a tenere insieme i massi, ma non può certo creare una struttura compatta. Siamo di fronte veramente a corpi minori, ben lontani dai pianeti nani…
Infine, ricordiamo che una composizione della materia simile a quella degli asteroidi della fascia più interna, poco oltre l’orbita di Marte, non è una novità (sicuramente) ma è una prova che l’urto finale è avvenuto nelle vicinanze delle risonanze più efficienti che sono proprio quelle che caratterizzano la fascia interna.
Insomma, un fallimento, ma mica tanto… fallimentare.
Tuttavia, la missione ha dato motivazioni e informazioni tali da far ripetere il tentativo: Hayabusa 2, partita nel 2014, è già in rotta verso l’asteroide Ryugu, anch’esso piccolo, circa un chilometro, e anch’esso a rischio di impatto con i pianeti. Questa volta, però la missione è veramente ambiziosa e di gran lunga più sofisticata di Rosetta. Se ne parla poco, sia perché va verso un asteroide e non su una cometa (ricordate le famose lobby?) sia, forse, perché è giapponese e non europea e/o americana.
Un breve accenno si è avuto nei giorni passati, dato che la sonda ha sfiorato il 3 dicembre la Terra (a 3000 km dal suolo) per acquistare la velocità necessaria per lanciarsi attraverso l’effetto fionda verso Ryugu, che raggiungerà nel luglio 2018. Ci ha anche mandato una bella immagine della Terra e della Luna (Fig. 3) e speriamo che la fortuna sia con lei. In ogni modo, merita di essere descritta con qualche dettaglio in più…
La parte principale della sonda è un sistema atto a prelevare materiale superficiale nel momento in cui essa stessa si poserà sull’asteroide. Vi sarà il tempo di “sparare” un proiettile in grado di fornire abbastanza polvere per essere immagazzinata. Inoltre vi sono quattro lander, uno principale del peso di 10 kg (MASCOT), atto ad analizzare la superficie “in situ”, e tre secondari (MINERVA) che dovrebbero misurare la temperatura e scattare fotografie (“selfie” compresi?). I lander potranno spostarsi e saltellare di qua e di là. Infine si sparerà un “impattore” o “penetratore” verso la superficie in modo da permettere alla sonda di prelevare materiale più interno. Tutta questa fase sarà seguita da una speciale telecamera. Finite le operazioni, Hayabusa 2 inizierà il suo viaggio verso casa, atterrando nel dicembre 2020.
Che dirvi? Incrociamo i soliti “diti” e che tutto si svolga non solo con la dovuta fortuna, ma anche con la giusta serietà scientifica.
NEWS del 26/6/2018 - Hayabusa 2 ha raggiunto il suo asteroide, QUI potrete seguire gli aggiornamenti via via disponibili sulla missione
Questo articolo è stato inserito nella pagina d'archivio dedicata alle missioni spaziali
8 commenti
I tempi sono abbastanza lunghini ma va' seguita Enzo mi raccomando. Secondo me gli ingegnosi ingegneri che si sono ingegnati con la povera Rosetta ed il figliolino Philae quì non avrebbero avuto scampo , non avrebbero avuto appigli per rendere un fallimento pieno una STORICA missione: la sorella di Rosetta avrebbe fatto la fine del povero Paperino e magari in diretta TV. E non sarebbe stata assolutamente recuperabile come invece hanno fatto sicuramente i disegnatori con il Nostro simpaticissimo Paperopolese.
A dimenticavo: incrociamo veramente i "diti".
Conoscendo un pò i giapponesi (anche se per scambi commerciali e non scientifici), i valori che li contraddistinguono, l'umiltà che è alla base della loro cultura, io punterei forte sulla riuscita della missione
Io anche SMA. Se non altro, come successo con la precedente, accetterebbero le sconfitte e non si nasconderebbero dietro false celebrazioni mediatiche. Oltretutto, la sconfitta precedente sarebbe stato un successone per Rosetta... Ben pochi ne hanno parlato quando Philae si è schiantata sulla superficie ed è stata giudicata come la prima manovra del genere...
Bella manovra ragazzi,ma chi gli has dato la patente?
Da quel che ne so, i giapponesi hanno un grande senso di umiltà ma anche e soprattutto di riscatto, di orgoglio.
Ammettono la sconfitta ma dopo devono dimostrare al mondo di sapersi rialzare, a differenza di quanto è accaduto all'ESA con la missione Rosetta, dove per salvare la faccia (e il posto di lavoro) s'inventerebbero qualsiasi cosa. Diciamo che non hanno sicuramente il coraggio, ma neanche una punta di orgoglio vero e fondato!
Non passiamo neanche sotto silenzio la tenacia dimostrata con l'altra sonda giapponese Akatsuki che pare finalmente sia riuscita ad immettersi nell'orbta di Venere dopo un primo clamoroso flop di 5 anni fa.
Wow...sinceramente non conoscevo questa missione ma sembra davvero ambiziosa e interessante! Incrociamo tutto ciò che c'è da incrociare... ;)