01/11/24

Il problema di Apollonio e le "sue" coniche. 1 **/***

Questo articolo vuole descrivere, nel modo più semplice e intuitivo, la soluzione del celebre Problema di Apollonio, affrontato e risolto in vari modi durante i secoli  dai più illustri matematici. In particolare, la soluzione riportata è quella che, malgrado non segua la legge "greca" della riga non graduata e del compasso, reputo personalmente che sia stata quella utilizzata proprio dal grande geometra greco.

Il problema è piuttosto semplice da descrivere: Date tre circonferenze, eventualmente degeneri, determinare le eventuali circonferenze tangenti a quelle date.

Detto in altre parole (e limitandosi alle sole circonferenze) il problema consiste nel determinare i centri delle circonferenze che siano tangenti a tre circonferenze qualsiasi. Un problema piano che, però, si trasforma rapidamente in un problema tridimensionale.

La trattazione che segue si rifà nei concetti a quella elaborata da Adriaan Van Roomen (1561-1615), che, come già detto, non rispondeva ai canoni classici.  Ad essa si oppose Viete che, in modo più elaborato, riuscì nell'impresa di usare solo riga e compasso. Tra i due non correva buon sangue, forse a causa del numero maggiore di cifre del pi greco determinate da Van Roomen.

Sembrerebbe un controsenso abbandonare riga e compasso, dato che abbiamo quasi sempre cercato di riportarci ai canoni greci. Tuttavia, bisogna tener presente che Apollonio è celebre per avere studiato le coniche come intersezioni di un cono con un piano e per avere introdotto i nomi di ellisse, parabola e iperbole. Il metodo di Van Roomen sfrutta proprio i coni e le coniche e sembrerebbe il più vicino a chi poteva  -a buon diritto- essere considerato il padre delle coniche. Insomma, sarei pronto a scommettere che Apollonio si avvalse di un metodo molto simile, evitando addirittura di seguire i canoni greci pur di utilizzare le sue curve.

In realtà, spulciando qua e là, ho trovato che Torricelli la pensava allo stesso modo. Egli scrisse: "Sed aliquis nimis delicatus huiusmodi solutiones per loca ut appellant solida non probat". Frase, questa, la cui libera traduzione significa che sarebbe stato assurdo che qualcuno così amante delle coniche non le avesse usate per dimostrare un problema da lui stesso  proposto. Lo stesso  Newton, nei suoi “Principia Mathematica”, usa, così come van Roomen, il metodo delle iperboli.

Il metodo non è sicuramente di difficile comprensione, ma la visualizzazione dei vari risultati, via via conseguiti, non è sempre immediata. Cerchiamo di spiegarla nel modo più semplice possibile, utilizzando molte figure e cercando di riportare le varie configurazioni tridimensionali alle loro proiezioni piane.  Proprio riguardo alla visione tridimensionale, invito i più esperti in geogebra o programmi simili a disegnare con la giusta accuratezza le configurazioni che otterremo di volta in volta. Io ho introdotto solo alcuni schizzi tridimensionali alquanto rozzi e non certo precisi.

Due circonferenze

Iniziamo semplificando il problema: invece di tre circonferenze ci limitiamo a due, entrambe giacenti su un piano. Le possibilità sono di tre tipi: le due circonferenze sono una esterna all'altra; le due circonferenze sono una interna all'altra; le due circonferenze si intersecano.

1. Circonferenze esterne.

Chiamiamo c1 e c2 le due circonferenze (colorate internamente in azzurro e rosa) esterne (la distanza tra i loro centri sia maggiore della somma dei raggi), di cui vogliamo trovare tutte quelle tangenti ad entrambe.  Esistono quattro configurazioni immediate, in cui i centri delle circonferenze tangenti a c1 e c2 stanno sulla congiungente i centri C1 e C2 . In Fig. 1 sono riportate queste quattro configurazioni.

Figura 1

La prima configurazione  si riferisce alla circonferenza dal contorno rosso e può essere chiamata circonferenza interna-interna (ii), in quanto i centri C1 e C2  sono entrambi INTERNI alla circonferenza tangente ii. Poi vi è il caso esterna-esterna (ee), di color verde, in cui i centri C1 e C2 sono entrambi ESTERNI ad essa. Si passa poi al caso interna-esterna, ie, di colore azzurro, che ha al suo INTERNO C1 e al suo ESTERNO C2. Infine si può ottenere l'inverso, ei (color viola), dove C1 è ESTERNO e C2 è INTERNO.

1a. Circonferenze ee

Ripetiamo che lo scopo è determinare il luogo dei punti del piano che siano centri delle circonferenze tangenti esternamente a c1 e c2.

Iniziamo con un semplice gioco, illustrato nella Fig. 2.

Figura 2

Aumentiamo della stessa quantità sia il diametro della c1 che quello della c2. Nel caso in esame i i loro diametri sono 2 e 5 unità. Aumentiamolo quel tanto che basta per ottenere la tangenza delle due circonferenze "ingrandite" (tratteggio rosso e azzurro). Il punto O di tangenza, così ottenuto, corrisponde al caso più semplice delle circonferenze tangenti:  il centro sta proprio sulla congiungente C1 e C2.

Proseguiamo nel nostro gioco di ingrandimento, scegliendo, ad esempio, un aumento lineare di d = 3. Portiamo, perciò, a 5 (2 + 3) e a 8 (5 + 3) i diametri di c1 e c2, . Queste due circonferenze "ausiliarie" (rossa e azzurra sottile) si incontrano in due punti P e Q, ovviamente simmetrici rispetto all'asse orizzontale C1C2. Avendo aumentato  il diametro della stessa quantità è ovvio che la distanza tra i punti P e Q (così come O e P' e Q') siano equidistanti dalle due circonferenze di partenza. Infatti PC1 e PC2 sono uguali a r1 + d e r2 + d.  P e Q sono, perciò, centri di circonferenze tangenti a c1 e c2.

Aumentiamo ancora i diametri di c1 e c2  di una stessa quantità (a piacere) che per semplicità abbiamo preso nuovamente uguale a d (ma poteva essere qualsiasi valore). Otteniamo due nuove circonferenze ausiliarie  di diametro 8 (5 + 3) e 11 (8 + 3). Come fatto prima, evidenziamo i punti d'intersezione P' e Q'. Questi punti hanno anch'essi la stessa distanza dalle due circonferenze  c1 e c2, ossia devono essere centri di circonferenze tangenti a c1 e c2.

Potremmo continuare nella crescita delle circonferenze ausiliarie e tutti i punti di intersezione descriverebbero il luogo dei punti che sono centri di circonferenze tangenti a c1 e c2, del tipo ee. In arancione abbiamo tracciato le circonferenze che hanno centro in questi punti.

Essi descrivono un ramo di iperbole (viola), sul piano del foglio xy.

Abbiamo trovato un ramo di iperbole, che è una conica, una delle curve tanto care ad Apollonio. Sì, molto bello e utile, ma come può succedere tutto ciò? La motivazione è abbastanza semplice e non può certo essere sfuggita ad Apollonio... Aumentando i raggi delle circonferenze ausiliarie abbiamo, in pratica, sezionato  a varie altezze un cono circolare retto, che abbia per asse una perpendicolare al piano del foglio. Se i coni sono due, con la stessa apertura, e le circonferenze c1 e c2 sono le loro sezioni circolari nel piano xy, le circonferenze ausiliarie sarebbero le intersezioni dei coni con piani paralleli a xy, proiettate sul piano xy. Ne consegue che i punti P e Q, e via dicendo, sono le proiezioni sul piano xy delle intersezioni  delle sezioni circolari ausiliarie. In altre parole, ancora, i punti P e Q, P' e Q', ecc., sono le proiezioni sul piano xy dei punti d'intersezione dei due coni. Riassumendo: per determinare il luogo dei punti che siano centri delle circonferenze di tipo ee basta considerare la curva che descrive l'intersezione tra due coni e proiettarla sul piano xy.

Apollonio ha sicuramente esultato: l'intersezione di due coni risponde esattamente al problema relativo ai centri delle circonferenze tangenti a due circonferenze c1 e c2 esterne tra di loro. Quanto detto si riferisce, per ora, alle circonferenze di tipo ee. Tante parole possono anche creare confusione ed è meglio rappresentare il tutto  con una figura. In Fig. 3 riportiamo quanto fatto in Fig. 1, ma guardando il tutto secondo il piano xz.

Figura 3

I due coni diventano due triangoli e i vertici dei coni si proiettano nei centri C1 e C2 delle circonferenze c1 e c2. Tali circonferenze sono descritte da segmenti spessi azzurri e rossi, di lunghezza pari al diametro delle circonferenze c1 e c2. Andando verso l'alto è facile disegnare le sezioni circolari (segmenti rossi e azzurri più sottili) relative alle circonferenze ausiliarie. In arancione solo anche riportate le circonferenze tangenti (di centri O, P e Q, P' e Q', ecc.).

Vi invito a confrontare bene le due figure in modo da comprendere appieno come i vari punti e circonferenze si trasferiscano da una visione su xy a una su xz. In Fig. 4 vi è una rappresentazione in tre dimensioni, ovviamente molto rozza, ma spero abbastanza indicativa.

Figura 4

Nella prossima "puntata" ci dedicheremo alle circonferenze  dei tipi ee, ie ed ei. Non desistete, dato che avrete sicuramente già capito la strategia operativa...

... continua

 

 

 

2 commenti

  1. Alberto Salvagno

    Tutto molto affascinante e curioso, ma essendo io assai rozzo e pragmatico, quando vedo questi studi mi chiedo se poi abbiano qualche utile applicazione pratica. C'è l'hanno?

  2. Studiare le coniche e le loro interazioni hanno riscontri in una moltitudine di problemi geometrici, non ultimo quello delle traiettorie orbitali. Come ben sai, nella Scienza non si cerca un'applicazione pratica diretta, ma certe trattazioni che sembrano fini a se stesse si scoprono, alla fine, essere di grande utilità. La geometria che spiega la relatività ne ha, ad esempio, un gran bisogno. Ricordiamoci degli spazi iperbolici...

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