Categorie: Nane bianche Supernove
Tags: candele standard doppia detonazione energia oscura espansione Universo supernove Ia
Scritto da: Vincenzo Zappalà
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Le candele non sono tutte uguali… **
Questo articolo è stato inserito nella RACCOLTA dedicata agli studi più recenti sulle supernove Ia, che stanno facendo vacillare la certezza sulla loro luminosità standard, sulla quale poggiano le misurazioni circa l'espansione dell'Universo.
Si continuano a formulare ipotesi, modelli, scenari, basati sull’energia oscura legata essenzialmente all’accelerazione dell’espansione dell’Universo, senza preoccuparsi tanto di come le candele standard che l’hanno “creata” si stiano diversificando. Forse sarebbe meglio sospendere un attimo le teorie e dedicarsi a conoscere meglio questi fari cosmici che tanto perfetti non sembrano essere. Qualcuno lo sta facendo, tenendo conto di ciò che si osserva e di come lo si può simulare.
Forse si è stati troppo ottimisti fin da subito. Pensare che l’esplosione di una stella potesse essere considerata un’azione ripetitiva e sempre uguale sembrava troppo bello. Però, era anche troppo bello vedere come quest’ipotesi risolvesse problemi enormi. Alla fine ci si è convinti (o ci si è voluti convincere) che le esplosioni stellari potessero essere lette come segnali precisi di un singolo processo e, quindi, essere utilizzate come metro fondamentale per misurare le distanze galattiche. In poche parole, se la luminosità intrinseca deve essere sempre la stessa, la luminosità apparente deve dipendere solo dalla distanza.
Da un prezioso utilizzo per una mappatura ben più estesa del Cosmo, si è giunti all’espansione accelerata. Può anche darsi che vi sia realmente, ma questo passaggio comporta una sempre maggiore convinzione della precisione delle candele cosmiche. Per confermare una certa piccola differenza tra due quantità bisogna essere ben sicuri che le due quantità siano veramente confrontabili.
Recentemente, la sicurezza sulla costanza del “metro” usato sta cedendo ed è messa sempre più in discussione. Una perdita di certezza vuole automaticamente dire che le differenze potrebbero non essere reali, ma dovute a differenze intrinseche nei “metri”, non tutti uguali tra loro.
D’altra parte, pensandoci bene, si ritorna alla vecchia idea: “E’ veramente possibile che le esplosioni stellari siano così simili tra loro? D’accordo sul limite di Chandrasekhar, ma considerarlo come una perfetta linea di arrivo non è forse un po’ troppo semplicistico?”. Come fare per avere una visione più sfaccettata e completa? Non basta certo osservare una supernova che è un lampo di luce e che ben difficilmente può permetterci di assistere a cosa stia capitando in realtà. Accettare una sola possibilità per un processo che conosciamo ben poco è opera poco scientifica e assomiglia a un atto di fede. Finora si poteva anche considerare come prima approssimazione, ma se si vuole estrapolarla a livelli sempre più fini diventa necessario capire molto meglio il processo di partenza. In altre parole, è giunta l’ora di creare modelli diversificati e controllare se si ottengono risultati apparentemente simili o decisamente diversi. Le osservazioni permettono di tentare questo passo ormai più che necessario.
Finora le supernove di tipo Ia, relative all’esplosione di una nana bianca, sono state considerate le candele standard più perfette dell’Universo. Chiudendo un po’ gli occhi si è forse sovrastimata la loro capacità intrinseca e ci si è convinti che l’errore sulla determinazione delle distanze restasse sotto al dieci per cento. Come già detto, potrebbe anche essere tutto vero, ma a qualcuno sembra che si stia buttando troppa polvere sotto al tappeto e che sia giunta l’ora di andare a controllare se veramente l’ esplosione stellare può essere realisticamente un fenomeno così ripetitivo… Molte prove (ne abbiamo parlato più volte) hanno mostrato che sembrano esistere tipi diversi di supernove di tipo Ia.
Per costruire un modello in grado di tenere in conto tutte le certezze acquisite finora sull’evoluzione stellare e stato necessario utilizzare uno dei supercomputer più potenti del mondo, il Titan. Dati ve ne erano abbastanza e si poteva cercare di simulare condizioni diverse e vedere cosa succedeva. In particolare, ci si è dedicati a quella che viene chiamata esplosione a doppia detonazione. Cerchiamo di entrare un po’ di più nei dettagli.
Tutti i tipi di supernova Ia cominciano con una stella morente legata a una compagna. Le nane bianche sono stelle di tipo solare che hanno consumato quasi tutto il loro combustibile nucleare. Sono essenzialmente composte di ossigeno e carbonio e comprimono una massa solare in un volume pari a quello della Terra.
Se la stella fosse isolata, si spegnerebbe lentamente diventando fredda e… nera. La presenza della compagna, però, le permette una nuova vita con un finale con il … botto. Può farlo essenzialmente in due modi: o unendosi decisamente a lei e regalarle tutta la sua massa, oppure imboccarla, con la sua materia, un po’ alla volta fino a portarla a una massa critica. E già qui le cose potrebbero cambiare: la compagna può essere una stella come il Sole o una gigante rossa o, addirittura, un’altra nana bianca. Molto dipende, perciò, sia dal tipo di stella che l’accompagna sia dall’orbita (la vicinanza può cambiare di molto la strada da seguire).
Nella visione classica, quella relativa alla singola detonazione, la nana bianca cattura il massimo possibile di massa fino a raggiunger le 1.4 masse solari, il ben noto limite di Chandrasekhar. La massa aggiunta un po’ alla volta aumenta la pressione sul nucleo più interno ripristinando la fusione nucleare. Il calore cresce sempre più all’interno della stella fino a che non riesce più a scappare abbastanza velocemente dalla superficie. A questo punto, un fronte caldissimo si muove verso l’esterno coinvolgendo l’intera stella e portandola all’esplosione. La temperatura della caldaia è stata alzata troppo e il calore non riesce più a disperdersi all’esterno: boom!!
Questo modello dà una ragione valida per uno scenario ripetitivo, dato che si basa essenzialmente su una massa critica ben definita.
Per raggiungere il limite di Chandrasekhar una nana bianca deve aumentare la sua massa in modo continuo e regolare. E’ veramente sempre tutto così semplice? Vediamo come funzionerebbe il processo a doppia detonazione…
In questo caso, la nana bianca si costruisce una superficie essenzialmente di elio. Essa può essere ottenuta sia succhiando idrogeno da una stella morente di tipo solare e poi trasformarlo in elio, sia prelevandolo direttamente da un’altra nana bianca di elio, ma anche recuperandolo dal nucleo di una stella di tipo solare ormai in fase di sfaldamento.
Ciò che si è trovato è che la formazione dello strato di elio sulla superficie può causare una denotazione prima di raggiungere la massa critica di 1.4 masse solari. Questa esplosione pre-Chandrasekhar può, solo dopo, innescare una seconda detonazione nel nucleo più profondo di ossigeno e carbonio.
La cosa più importante è che se lo strato superficiale di elio è abbastanza spesso l’esplosione finale cambia sostanzialmente la sua apparenza esterna, mentre se lo strato è sottile, assomiglia molto al modello classico.
Titan ha simulato 18 casi di doppia detonazione. Un lavoro immane che solo un computer (adeguatamente istruito) può fare, raggiungendo i 27 quadrilioni di operazioni al secondo. Ogni caso ha utilizzato uno strato diverso di elio e un nocciolo corrispondente di carbonio e ossigeno, in modo da ottenere una detonazione. Inoltre si sono anche variate le temperature del nucleo, da 1 a 10 milioni di gradi Celsius. Il modello ha mostrato come si formano le zone calde nella fase pre-Chadrasekhar, le zone dove il calore non può scappare abbastanza velocemente e non può evitare un’esplosione anticipata.
Facendola breve, sembra proprio che il modello alternativo a doppia detonazione funzioni piuttosto bene. Si è solo all’inizio, dato che sono in progetto maggiori sofisticazioni del modello in modo da tenere sotto controllo tutte le varie fasi termonucleari e come evolvano all’interno della stella. Un lavoro teorico e modellistico, ovviamente, ma basato su dati di fatto e su osservazioni.
Si evidenzia, comunque, il vero punto chiave. E’ possibile ottenere una supernova di tipo Ia anche con modalità diverse da quelle classiche e, cosa più importante, queste modalità portano a luminosità non confrontabili tra loro.
Le possibili conclusioni sono sicuramente provvisorie e cerco di riassumerle semplicisticamente.
(1) Le differenze tra i vari modelli sono piccole e cadono all’interno dell’errore osservativo. Si può continuare senza grandi problemi, ma con estrema attenzione alle incertezze previste.
(2) Le diversità sono più grandi e bisogna, allora, vedere se si possono separare le supernove di tipo Ia in varie sottoclassi, ciascuna relativa a un “metro” diverso. Qualcosa del genere era già stato tentato e ne avevamo anche parlato. In questo caso trattare le Ia come tutte uguali porta a errori sistematici, i più maligni di tutti.
(3) Le differenze di percorso esplosivo non sono solo macroscopiche ma hanno anche un legame con l’evoluzione delle stelle in funzione dell’invecchiamento dell’Universo (cambiano le abbondanze del materiale usato per formare le stelle). In questo caso, l’espansione accelerata vacilla molto, forse troppo, per non ripensarla completamente.
Insomma, proseguiamo pure con le classiche idee, ma stiamo attenti a estrapolarle senza sapere quale e quanta polvere mettiamo sotto al tappeto. Una cosa è creare mappe più o meno valide e un’altra cosa è considerare differenze, al limite degli errori, come dovute a processi reali (e anche un po’ esotici). Insomma, l’energia oscura potrebbe oscurarsi ancora un po’…
Una volta tanto, forse, la mente umana ha cercato di semplificare troppo l’Universo… L’importante è accorgersene e non ostinarsi a far finta di niente…
Articolo originale QUI
Volete seguire l’evoluzione della ricerca riguardante questo tipo di supernove?
Allora non potete perdervi gli articoli precedenti, a partire da questo
e poi questo, che lo segue
12 commenti
Enzo, la situazione "2" presuppone che sia possibile distinguere le diverse tipologie cioè il percorso che ha portato alla formazione della supernova?
caro Gaetano,
diciamo che sarebbe molto meglio... Finora si è notato che delle differenze esistono, ma capire come mai esistono sarebbe un'informazione fondamentale che potrebbe collegarsi al (3). L'analisi spettrale ha notato differenze tra le Ia, ma a livello osservativo. Sapere come mai avvengono e se sono legate a processi esplosivi diversi permetterebbe di quantificarle meglio.
Ho avuto sempre molta difficoltà a comprendere un meccanismo controdeduttivo come l'espansione accelerata dell'universo. Sono un sostenitore del classico "boom" la cui forza espansiva si riduce nel tempo... ma forse la meccanica quantistica ci sorprenderà con un'altra "stranezza" quando l'avremo compresa e ne avremo compresi i meccanismi implicati "nell'inizio" dell'universo. Peccato che i "tempi umani" non mi consentiranno di assistere alla scoperta...
Grazie, Enzo! Con questo metodo si arriva ad una età di 13,7 miliardi di anni, di recente corretto in 13,82 miliardi? Enzo che senso hanno queste correzioni quando ho letto di altri metodi (mi pare basati sul decadimento di elementi radioattivi) che indicano un'età che potrebbe essere di 16 miliardi di anni?
Beh Gaetano, non direi che queste correzioni influiscano più di tanto sull'età dell'Universo basata sulla misura delle SN Ia. Diciamo che possono solo invalidare oppure no l'accelerazione che è però cosa abbastanza recente. L'età viene anche confermata dalle misure del rumore di fondo e altro ancora. Ammetto, comunque, che si basano comunque su ipotesi di partenza e non, ovviamente, su dati osservativi inequivocabili. Insomma, parliamo tanto, ma nemmeno sappiamo che età abbiamo
caro Luigi,
non penso che la MQ possa dare ragione di un'accelerazione. Questa si basa solo su una cosiddetta evidenza osservativa e sull'ipotesi che esista una certa energia che tenda ad accelerare l'allontanamento di tutte le strutture. Se poi vediamo questa energia come un qualcosa legato al vuoto cosmico che vuoto non è, allora potrebbe anche entraci la MQ. Ma, secondo me, siamo ben lontani da questa conclusione...
In questo articolo http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2015/04/03/pendoli-stellari/
hai scritto che le stelle Cefeidi sono delle candele standard molto attendibili per la valutazione delle distanze nell'Universo vicino.
Attualmente le Cefeidi più lontane dalla Terra sono state osservate nell'ammasso della Vergine che dista 20.000 parsec (circa 60 milioni di anni luce): entro questo raggio i calcoli delle distanze effettuati con le Cefeidi coincidono con quelli che prendono come riferimento le supernovae IA?
Ottimo commento Daniela,
in realtà non credo siano state fatte ricerche accurate, anche perché studiare una SN in modo da valutarne delle differenze osservative non è cosa semplice. L'aspetto è quello che è e per notare diversità bisogna usare tecniche particolari. Inoltre, le SN sono in numero limitato e anche le cefeidi a certe distanze cominciano a dare problemi di incertezza. Diciamo che se poi le SN hanno anche un legame con la distanza, ossia con l'età dell'Universo, la faccenda si complica ancora di più... Comunque, cerco di informarmi meglio...
Si potrebbe arrivare , Enzo, davvero a capire che abbiamo sbagliato sulla velocità di espansione dell'Universo? O forse è meglio dire accelerazione. Ma l'errore iniziale che eventualmente porta alla ipotesi 3 non prevede spero poi una ipotesi 4 dove il Cosmo non si espande più, vero? Mi sento un po' ...oscuro , forse la materia oscura si è inserita nella mia testa
Cerco mentalmente di figurarmi l'Universo che si espande,ma non come una esplosione,che se non ho letto male è solo un modo didattico intuitivo di figurarlo.Diciamo "Autocreazione?".Il fatto che me lo immagino espandersi come fossi fuori mi frega,perché il fuori esiste in questo caso solo come non dentro.Se lo guardiamo da dentro è più logico,ma non ne colgo né la realtà materiale ne sopratutto il "che cosa serve sto marchingegno".Se penso che noi respiranti,figli di respiranti,siamo dimensioni uniche e diversissime tra noi e che mai riusciamo ad intendere veramente il sentire e il pensare più intimo,anche di chi ci è più vicino,mi fa disperare di afferrare questa immensità.Attualmente il vincolo della località e dei nostri sensi,ci inchioda al dover tradurre tutto dentro la cruna dei nostri sensi,cose fresche e segnali datati(anche qualche miliardo di anni), è come se leggessimo il giornale con le cronache di ieri e di x anni fa. La diretta streaming non esiste fuori della nostra piattaforma,e pure noi dobbiamo rifarci la foto della carta d'identità di tanto in tanto.
No, caro Mario, l'espansione c'è di sicuro e la legge di Hubble lo dimostra. Qui si parla solo delle sue variazioni e quindi di accelerazioni.
Ottime argomentazioni Gianni... essere dentro a qualcosa frega sempre e cercare di spostarsi fuori anche se a livello teorico già presuppone che si sia capito tutto, cosa che non è vera... Tuttavia, alcune cose sono fondamentali per capire l'espansione, come ad esempio il redshift. Immaginiamo la povera luce che si trova davanti una quantità di spazio sempre crescente, che sicuramente la stanca e la rallenta (nel senso che il tempo necessario per viaggiare da A a B, al tempo X, era molto minore di quello necessario a un tempo Y successivo). Può anche farcela e allora crea un universo osservabile... ma può anche non farcela e allora per noi è del tutto sconosciuta.
Noi che possiamo comunicare senza tutte queste problematiche, non ne siamo capaci. Siamo proprio limitati, accidenti... hai proprio ragione! La speranza di capire l'universo, però, malgrado gli ostacoli che deve superare la luce, è che i nostri pensieri e azioni sono del tutto casuali e imprevedibili, mentre la luce segue regole sempre uguali.
Se poi, un giorno, capiremo che anche le nostre azioni e pensieri seguono le leggi della MQ, potremmo forse anche capire noi stessi...
Mi sa che sia più facile, per adesso, studiare l'Universo... che non la mente umana!
Considerazioni scientificamente di buon senso!