14/03/25

"Mission: impossible": Escher, il triangolo di Penrose e altre storie *

La nostra "missione impossibile" è invece una missione possibile che lega strettamente tra loro la geometria prospettica, la pittura, la neurologia e molto altro. Ci riferiamo a quello che viene chiamato oggetto impossibile che si può definire nel modo seguente:

Un tipo di illusione ottica che consiste in una figura a due dimensioni che a prima vista viene interpretata dal subconscio come la proiezione di un oggetto tridimensionale che risulta, però, impossibile.

Un "qualcosa" che è diventata celebre grazie soprattutto alle rappresentazioni artistiche di Maurits Cornelis Escher, che vede, però, le sue origini ufficiali nel 1934. In realtà, si possono trovare moltissimi esempi pittorici nei secoli precedenti per errori causati dalla mancanza di regole prospettiche, ma, a partire sicuramente dal XV secolo, ve ne sono altri che sembrano mirare a uno scopo ben preciso e voluto, magari proprio  come monito diretto a pittori carenti nell'applicazione di  tali regole.

Una storia non sempre chiara ed esauriente che ho cercato di sintetizzare basandomi su esempi certi e incontrovertibili. Un argomento estremamente affascinante e ormai utilizzato per vari scopi non solo artistici, ma - come abbiamo già detto- anche per lo studio della geometria a più dimensioni e per analisi di tipo psicologico e neurologico. Non per niente, ha sollevato l'interesse addirittura di un Premio Nobel per la Fisica.

Ho perciò deciso di "imitare", nel mio piccolo il grande Escher, colui che ha fatto conoscere al mondo intero gli oggetti impossibili, cimentandomi in costruzioni piuttosto semplici, cercando di spiegare i passi fondamentali per la loro costruzione grafica. Chissà che non riesca stimolare qualche nuovo geniale artista, capace di andare ancora oltre.

Torniamo alla nostra storia e presentiamo una miniatura dell'undicesimo secolo, rappresentante la Madonna con il Bambino. Siamo in un periodo in cui la prospettiva e le sue regole sono ancora ben lontane dall'essere riscoperte (ho usato la parola "riscoperte", dato che sicuramente buona parte di queste regole dovevano già essere note nell'antichità greca). Un periodo in cui anche i maggiori artisti, come lo stesso Giotto e i grandi senesi, tentavano in ogni modo di dare profondità spaziale alle loro rappresentazioni, ma che cadevano, quasi sempre, in errori più o meno macroscopici.

La miniatura, però, presenta un evidente "errore" che fa pensare a una sua voluta e cosciente applicazione. La vediamo in Fig. 1.

Figura 1

Le due colonne laterali hanno chiaramente le loro basi in primo piano rispetto alla Madonna che, però, è anche sicuramente davanti alla colonna centrale che è raffigurata sulla stessa linea delle altre due.

Nella Fig. 2 mi sono permesso di schematizzare lo spazio  e di affiancargli una possibile applicazione in chiave moderna, "alla Escher".

Figura 2

Molto simile alla miniatura è l'affresco del XV secolo raffigurante l'Annunciazione di Fig. 3. E' ormai evidente la conoscenza della prospettiva, anche se non proprio perfetta. A maggior ragione, quindi, è da considerare voluta la rappresentazione della colonna centrale in secondo piano rispetto al tavolo che è sua volta sicuramente in secondo piano rispetto alle due colonne laterali.

Figura 3
Figura 3

In Fig. 4 riportiamo anche una rappresentazione schematizzata dell'opera, inserita in una piuttosto sapiente, anche se non perfetta, visione prospettica centrale.

Figura 4

Siamo ormai pronti all'avvento prorompente della prospettiva dovuto soprattutto a Brunelleschi in Architettura e a Masaccio in pittura. Essa diventa vera scienza matematica come dimostrano le opere di Piero della Francesca e di molti altri maestri del Rinascimento italiano. La errata applicazione delle regole prospettiche è ormai segno chiaro di una loro incerta conoscenza ed è quindi abbastanza ovvio che l'assurdità di certe figure sia da imputare a una precisa volontà dell'autore.

Certamente lo è per Pieter Brueghel il Vecchio, capace di visioni spaziali meravigliose come  mostrano i fantastici Cacciatori nella Neve, del 1565.

Il pittore fiammingo, però, amava riprodurre le sue storie in un mondo ben poco idilliaco, condendole di risvolti grotteschi anche se tecnicamente realistici. Non stupisce, perciò, più di tanto la sua volontà di inserirvi anche figure apparentemente  assurde. Ed ecco la sua opera più emblematica in tal senso, la Gazza sulla Forca del 1568. Il particolare della forca è inserito in uno spazio estremamente realistico, per cui la sua assurdità prospettica vorrebbe forse significare l'assurdità e la brutalità di questo crudele strumento di morte.

Il particolare della forca è riportato a sinistra in Fig. 5, mentre a destra ho proposto un  semplice schema che mette in risalto gli errori voluti. Faccio notare che alcuni hanno anche cercato di ottenere una figura plausibile attraverso una deformazione delle travi, ma il tentativo è risultato inconsistente.

Figura 5

Per avere ulteriori esempi di soggetti impossibili bisogna fare un salto di quasi due secoli e ammirare l'opera di William Hogarth del 1754  che rappresenta una molteplice serie di assurdità prospettiche in un singolo dipinto (Fig. 6).

Provate a scovarle tutte ... Tale opera aveva lo scopo di rappresentare una presa in giro e un ammonimento rivolto a pittori suoi coetanei che sembravano trascurare le regole del Rinascimento. Egli stesso commentò la sua opera con queste chiare parole: "Chiunque voglia disegnare senza rispettare o conoscere la prospettiva finirà per cadere nelle assurdità che ho inserito nella mia opera". Possiamo, a pieno titolo, considerare Hogarth come il vero padre degli oggetti impossibili.

Solo pochi anni dopo, nel 1760, Giovanni Battista Piranesi presentò un'opera veramente emblematica (le Carceri), in cui un oggetto volutamente impossibile è inserito in un insieme quasi caotico di architetture realistiche. Vediamo questa opera in Fig. 7.

Figura 7
Figura 7

La complessità dell'insieme fa sì che non sia facile accorgersi dello "svarione" prospettico. Lo vediamo bene nello schema di Fig. 8  che conduce facilmente a sintetizzare una semplice figura geometrica impossibile.

Figura 8

E' più che plausibile pensare che Piranesi abbia proprio voluto  inserire un oggetto impossibile che risulti, a prima vista, visivamente accettabile. Proprio la definizione attuale di oggetto impossibile.

Bisogna comunque aspettare il nuovo secolo (1832) per tornare indirettamente su questa problematica. Lo si deve allo studioso di cristallografia Louis Albert Necker che pose l'accento sull'ambiguità di una figura geometrica estremamente comune: il cubo.

In Fig. 9 riportiamo un cubo disegnando tutti suoi lati. Qual è la faccia in primo piano? La risposta può essere di due tipi, come rappresentato a destra nella figura.

Figura 9

Questa situazione ambigua che viene ancora oggi utilizzata per analisi neurologiche porta facilmente alla costruzione di un oggetto impossibile. Lo stesso oggetto che mette in crisi il giovane che compare nell'opera Belvedere di Escher del 1958 (Fig. 10) e che lui stesso commenta, mettendo chiaramente in luce le proprietà degli oggetti impossibili: "In basso sulla sinistra giace un pezzo di carta su cui sono disegnati gli spigoli di un cubo. Due piccoli cerchi marcano le posizioni ove gli spigoli si intersecano. Quale spigolo è verso di noi e quale è sullo sfondo? E' un mondo tridimensionale allo stesso tempo vicino e lontano, è una cosa impossibile e quindi non può essere illustrato. Tuttavia è del tutto possibile disegnare un oggetto che ci mostra una diversa realtà quando lo guardiamo dal di sopra o dal di sotto".

Figura 10

Ma torniamo alla nostra storia e ricordiamo, in Fig. 11, lo scherzo grafico del 1916 preparato da Marcel Duchamp, come avvertimento per un certo Sapolin, sotto forma di un omaggio per il suo amico Apollinaire. Oltre al "letto impossibile" sono state tolte o aggiunte lettere.

Figura 11

Arriviamo, infine, al 1934, anno decisivo per un'entrata in gioco veramente diretta allo studio di queste forme geometriche e delle loro peculiari proprietà, al di là della loro resa pittorica. Tutto nasce per caso sui banchi di una scuola superiore svedese, ad opera di Oscar Reutersvärd.

Seguiamo la strana vicenda attraverso le parole pronunciate dallo stesso "alunno", nel 1986.

"Durante la lezione di latino, mentre l'insegnante si dedicava agli antichi romani, praticamente tutti gli scolari  si dedicavano a scarabocchiare nei margini vuoti delle pagine delle loro grammatiche. Io, in particolare, cercavo di disegnare nel modo più regolare possibile una stella con sei punte, utilizzando delle figure cubiche uguali poste lungo un cerchio. In quel momento, la mia attenzione cadde su una strana configurazione che mostravano i cubi. Guidato da un inspiegabile impulso cancellai alcuni tratti e inserii altri tre cubi in modo da formare un triangolo (In Fig. 12, l'evoluzione grafica della "stella" di Escher fino al triangolo.

Figura 12

Mi resi subito conto che avevo disegnato una figura paradossale.  Terminata la "lezione" mostrai il mio schizzo a un mio compagno, particolarmente bravo in matematica, Jan Cornell.  Egli esclamo con grande stupore che mai aveva visto qualcosa del genere. Avrei dovuto cercare su qualche enciclopedia specializzata, dato che probabilmente avrei trovato maggiori informazioni su quello straordinario oggetto geometrico.  Mi recai di corsa alla libreria municipale di Stoccolma dove cercai invano esempi con quelle speciali caratteristiche. 

Negli anni seguenti tornai nuovamente a disegnare figure del genere, creando strutture composte da cubi, sempre più complesse.  In quel periodo io chiamai le mie figure "corpi illusori".  

Nel 1958 lo stesso Jan Cornell, diventato un ben noto editore mi diede da leggere un articolo in cui Lionel e Roger Penrose, padre e figlio, presentavano un gran numero di oggetti impossibili tra cui il triangolo, proprio quello che avevo disegnato nella mia prima "opera", quando ero solo un ragazzo.

A quel punto avevo già disegnato un centinaio di forme, ma l'articolo dei Penrose mi incitò ad una più accurata esplorazione in quel campo di ricerca. Arrivai fino a 2500 oggetti, da quel giorno fino ad oggi".

Roger Penrose , Nobel per la Fisica nel 2020 per "Formazione di un buco nero come robusta predizione della teoria della Relatività Generale", fu ispirato alla trattazione di quel tipo di figura dopo aver visto una mostra di Escher nel 1954, in cui, però, non vi era ancora segno di oggetti impossibili. Egli delineò velocemente il celebre triangolo, quella che considerava la sua figura base di ogni altro di quel genere.

Un triangolo ormai celeberrimo, simbolo stesso degli oggetti impossibili, che prende il nome da Penrose anche se la sua nascita deve più giustamente farsi risalire al giovane svedese. Penrose ed Escher ebbero vari contatti e si influenzarono uno con l'altro nell'applicazione di quel meraviglioso mondo illusorio. Come detto, oggi viene normalmente utilizzato, nelle sue varie elaborazioni, per pitture e architetture oltre che in vari altri campi scientifici e non solo.

Anzi, sono stati fatti vari tentativi per costruire veramente in tre dimensioni quelle rappresentazioni bidimensionali. Ovviamente, si sono potuti ottenere grazie all'aiuto dell'illusione ottica, come mostra il monumento di East-Perth in Australia (Fig. 13).

Figura 13

Infatti, esso appare "chiudersi" perfettamente solo se si guarda da due particolari punti. In quelle condizioni, le fotografie illudono in modo praticamente perfetto. La Fig. 14 mostra come sia fatto, in realtà, l'oggetto tridimensionale e come esso crei la proiezione bidimensionale voluta solo per un angolo particolare di vista.

Figura 14

Bene, a questo punto non si può che dedicarsi ad Escher e alle sue suggestive e spiazzanti opere d'arte. E', tuttavia, inutile che riporti i suoi capolavori, dato che è facilissimo recuperarli su internet. Voglio invece mostrarvi come non sia affatto difficile creare gli schemi di base, a partire da semplici cubetti o parallelepipedi. Basta poi dare via libera alla fantasia... (Fig. 15).

Figura 15

Prendendo spunto da Erschel ho voluto cimentarmi in qualche semplice visione impossibile, per uno scopo solamente didattico e non certo artistico. Vi assicuro, però,  che mi sono divertito un sacco!

 

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