I getti galattici possono avere lunghezze smisurate, mai viste prima d'ora. Guai a trovarsi sulla loro "linea di tiro".
Nella sezione archivio abbiamo parlato a lungo dei buchi neri galattici concludendo che questi supposti cannibali del Cosmo sono in fondo dei perfetti motori, capaci di gestire al meglio la creazione di nuove stelle. Dei papà veramente premurosi. Oggi la solita ALMA ci dà , in qualche modo, ragione, evidenziando una visione del buco nero proprio come una fontana della vita che agisce a ritmo continuo e con le idee ben chiare.
E' vero che l'appetito vien mangiando, ma, come saggiamente aggiungeva il Grande Totò, è ancor più vero che viene a star digiuni!
E i nostri amici buchi neri non ci pensano neanche a stare digiuni, anche se, contrariamente a come forse molti di noi se li immaginano, non mangiano in continuazione, ma adottano quei sani principi di corretta alimentazione ai quali tutti dovremmo attenerci, nel rispetto della nostra salute e di un'equa distribuzione delle risorse che l'Universo ci mette a disposizione.
Questo “articolone” raccoglie parti di articoli giù pubblicati e li riunisce per dare una descrizione molto qualitativa e semplificata dei buchi neri rotanti, caso ben più concreto rispetto a quelli statici che abbiamo quasi sempre incontrato e analizzato nei nostri approfondimenti. Vogliamo fare un passo in più, prendendo spunto da una “fondamentale” ricerca svolta alcuni anni fa e che pone l’accento sulla distanza che intercorre tra disco di accrescimento e buco nero galattico. Scopriremo, così, come la rotazione di un buco nero sia in grado di trascinare con sé lo spaziotempo e mostrare caratteristiche del tutto peculiari.
“Come vedete la guerra mi ha trattato abbastanza gentilmente, permettendomi di stare lontano dal fuoco diretto e lasciandomi libero di percorrere questo sentiero nella terra delle vostre idee”.
Il 1915 volgeva al termine, quando Karl Schwarzschild scriveva queste parole ad Albert Einstein, mentre gli offriva su un piatto d'argento la soluzione di un caso particolare delle sedici equazioni, all'apparenza irrisolvibili, che formalizzavano la teoria della Relatività Generale. Pochi mesi dopo, nel maggio del 1916, morì, ma aveva fatto in tempo a lasciarci una preziosa eredità: la prima "visione" di un buco nero.
La volta scorsa abbiamo visto quanta importanza rivestano i buchi neri galattici nel regolare il flusso delle nascite stellari, ma come si sono formati i loro "colleghi" primordiali? Mangiando tanto in un giovane Universo molto più denso di materia di quanto non sia oggi? Tramite fusione di buchi neri più piccoli formatisi dopo le esplosioni delle prime stelle dotate di grande massa e vita breve? Oppure grazie ad un processo di collasso gravitazionale diretto, senza bisogno di aspettare le supernove... parliamo di quelle che sono le ipotesi più accreditate, riproponendo articoli già presenti sulle pagine di questo blog.
Ne abbiamo parlato da poco, ma sembra che i buchi neri galattici stiano conquistando sempre più un posto di rilevo nella ricerca astronomica, a tal punto che riferire sui nuovi lavori può portare a grande confusione, sia perché si ripetono spesso le stesse cose, cambiando di poco i dati di partenza e/o le strategie descrittive (ma gridando quasi sempre alla scoperta), sia perché si vorrebbero fare nascere in qualche modo, senza limite alla fantasia.
Ho riunito due news particolarmente interessanti che riportano entrambe la scoperta di qualcosa che, malgrado di massa enorme, si nasconde abbastanza bene. Parliamo di buchi neri galattici che si mostrano con difficoltà, ma che potrebbero aprire nuove finestre per lo studio della formazione delle galassie primitive e indicare le migliori posizioni per cercare le tanto attese onde gravitazionali.
Due ricerche svolte recentemente hanno portato a risultati estremamente simili, che già si erano ventilati precedentemente. I buchi neri non sono divoratori ingordi, ma sanno stare a dieta e rifiutano banchetti troppo abbondanti. Pensano solo a se stessi e alla loro “linea”? Assolutamente no, la vera ragione è un’altra, ben più importante e generale.
L'attività del James Webb Space Telescope, dopo il primo anno di osservazioni, sta producendo significativi risultati che iniziano a chiarire le modalità del passaggio tra la Fase Oscura dell'universo ed il termine dell'era della Reionizzazione, confermando l'idea di un universo giovane molto dinamico e già notevolmente differenziato nei suoi elementi costitutivi.
L'analisi delle forme assunte dalla superficie terrestre è di importanza fondamentale per la geologia e rappresenta spesso il primo passo da compiere per formulare ipotesi sui meccanismi che le hanno generate. Il medesimo approccio può rivelarsi molto utile nell'indagare i corpi celesti solidi del sistema solare e ipotizzare modelli del loro interno. E le sorprese talvolta non mancano...
Facciamo subito chiarezza… quando parlo di oscura non parlo certo di materia oscura (mi dispiace per i suoi fautori), ma di materia “normale” che non dovrebbe vedersi dato che non dovrebbe emettere luce. Però, basta accendere la luce e ….
I getti violentissimi che escono dai bordi dell’orizzonte degli eventi dei buchi neri galattici sono un fenomeno ben conosciuto, ma ancora pieno di dubbi e problematiche. Soprattutto, è necessario capire quanto sia stretto e quanto sia vicino alla sfera di non ritorno. Per ottenere risultati di qualità superiore è necessario usare telescopi anche più grandi della Terra… Cosa non impossibile…
Come sempre, quando un cane azzanna il padrone, nei giorni successivi sembra che questa sia un fatto più che comune. I giornali ci riempiono di notizie su cani assassini (perfino i pechinesi diventano killer). Se una notizia tira, è meglio riciclarla per un po’ (vera o non vera che sia). Questa sembra una delle tante manovre mediatiche umane che aumentano di giorno in giorno. Tuttavia, sembra che anche l’Universo ci abbia preso gusto… Questa volta tocca ai neutrini.
Questo lungo articolo contiene quelli relativi all'entrata dentro un buco nero, descritto attraverso la metrica di Schwarzschild. Alcune parti contengono concetti e visualizzazioni non banali, anche se sono state escluse tutte le formule matematiche. I risultati, però, sono talmente brillanti, che meritano un piccolo sforzo in più.
E' arrivato il momento di introdurre il diagramma di Penrose, che ci accompagnerà, con relativa semplicità, a scoprire i segreti racchiusi dentro l'orizzonte degli eventi e, perché no, anche il modo di uscirne. Per adesso, però, impariamo a costruirlo.
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