Molte riprese televisive di manifestazioni sportive usano normalmente l’effetto playback, che è diventato veramente essenziale, soprattutto quando il gesto atletico è improvviso e inaspettato. Poterlo rivedere fa capire molte cose in più, anche perché lo spettatore può dedicargli tutta l’attenzione richiesta. I blazar non sono da meno e ci offrono la stessa possibilità. Non ci resta che ringraziarli per questa gentilezza, ancora una volta basata sulle intuizioni di Einstein.
Il grande Eduardo aveva proprio ragione. La relatività di Einstein è stata testata innumerevoli volte e ha sempre avuto ragione. Ciononostante, gli esami per metterla alla prova continuano sfruttando situazioni veramente al limite. Probabilmente, a un certo livello, si troverà una qualche discordanza. Intanto, però, resiste e come. Un punto su cui “gli amici del giaguaro” hanno sempre lottato con tutte le loro forze è il principio di equivalenza, che sembrerebbe essere uno dei punti più deboli. Un trio di stelle sembra essere il giusto laboratorio per una prova decisiva. Ne approfitto per parlare in modo molto semplice della relatività generale.
Non spaventatevi o non illudetevi: non voglio parlare di musica lirica e nemmeno del Rigoletto. Voglio solo tornare sulla meccanica quantistica. Un’ovvia conseguenza dell’esperimento della doppia fenditura, ossia dell’accertata strana natura delle particelle che possono assumere il comportamento di onde ma anche quello di corpuscoli ben definiti, è senza dubbio il principio di indeterminazione di Heisenberg. Lo voglio affrontare a parole, come si fa quasi sempre, ma anche -e soprattutto- con un’esperienza diretta che è una semplice appendice di quella di Feynman già ampiamente trattata e sviscerata. Vedremo anche che i concetti imparati sul limite, sullo zero e infinito, sul paradosso di Zenone, sugli intervalli “finiti” tipici della fisica, ecc., avranno un’applicazione molto “pratica”.
La particella di Higgs e il campo ad essa associato. Che meraviglia. Finalmente sappiamo perché le “cose” hanno una massa. Sì, ma è proprio una notizia così buona? L’esistenza della particella conferma un’ipotesi teorica non molto piacevole…
Sarà perché è Natale o perché la meccanica celeste mi ha sempre affascinato, fatto sta che vorrei parlare del misterioso mondo delle risonanze orbitali. Esse sono figlie di una madre potente e illimitata: la forza di gravità. Eppure, riescono a lanciare segnali e informazioni, a cambiare drasticamente la Natura, attraverso silenziose azioni apparentemente trascurabili. Se la gravità è un suono assordante e immutabile, le risonanze sono una musica di sottofondo, una ricerca di equilibri e sfaccettature, degna di un grande compositore. Facciamo silenzio e cerchiamo di udire queste “recondite armonie”, anche se la loro spiegazione accurata va oltre i limiti di questo nostro gruppo di amici. Comunque, non abbiate timore, ce n’è abbastanza per rimanere ammaliati e ammirati sia della Natura che di coloro che sono riusciti a esprimerle in termini matematici. L’articolo è decisamente lungo, anche se l’argomento è stato solo sfiorato. Sbocconcellatelo lentamente durante le Feste…
Abbiamo da poco parlato dello strano comportamento della luce in meccanica quantistica, entrando in un mondo apparentemente assurdo. Le cose, però, potrebbero essere ancora più complicate. Poveri noi…
Due splendidi filmati che ho visto su Youtube mi hanno fatto riflettere e mi hanno un po’ spaventato per il modo con cui sembrano essere presentati: non un’ovvietà illustrata con sapienza informatica, ma una quasi-scoperta scientifica. Se mi sbaglio, meglio così…
Abbiamo appena parlato di “entanglement” di particelle e della similitudine di questo fenomeno con i wormhole tra i buchi neri. Ed ecco nuovi articoli che affondano il coltello e potrebbero dare il via alla grande unificazione tra relatività generale e meccanica quantistica.
Un lavoro teorico appena apparso su Physical Review Letters sembra proprio essere l’uovo di Colombo. La sua logica è talmente ovvia che sembra impossibile non averci pensato prima. Siamo ancora ben lontani da un’applicazione pratica, ma la Meccanica Quantistica potrebbe svelare i suoi “perché”. L’idea è talmente affascinante che DOVEVO comunicarvela subito
Poter osservare gli atomi e le particelle che li compongono in condizioni di immobilità quasi assoluta. Cosa può volere di più la Meccanica Quantistica? L’ideale sarebbe arrivare alla temperatura dello zero assoluto… e poter guardare senza disturbare. Ebbene, sembra che la tecnologia ci sia quasi arrivata. Tra parentesi c’entra sempre e comunque quel “rompiscatole” di Einstein…
Non vi è dubbio che il transito di Venere davanti al Sole sia un fenomeno tra i più seguiti da qualsiasi tipo di "osservatori" del Cielo. Si sente parlare di cicli di visibilità che spesso permettono di vedere il fenomeno dopo pochi anni e a volte dopo più di un secolo. Si trovano dappertutto numeri e date ad essi relativi, ma forse poco si fa per spiegare come tutto ciò avviene. Questo articolo non vi dà, perciò, i soliti “numeri”, ma descrive soltanto i concetti base. Poi tutto diventa semplice...
Alla fine della descrizione della MQ sapremo abbastanza bene i nomi e i cognomi delle particelle che infestavano i primi istanti dell’Universo e avremo un’idea di come si siano trasformate in quelle ben più tangibili nella nostra vita quotidiana (protoni e neutroni, in particolare). Tuttavia, sarebbe bello riuscire a descrivere (notate che userò sempre ben poco il verbo “capire”), in modo quantitativo, il passaggio da una forma di materia a un’altra, in funzione di grandezze ben conosciute, come, ad esempio, la pressione (o densità) e la temperatura. I supercomputer ci stanno dando una mano forse decisiva.
E’ stata scoperta la lente gravitazionale più distante (ossia, più lontana nel tempo). Essa mostra un bellissimo anello di Einstein, indicando un allineamento praticamente perfetto con qualcosa di ancora più lontano. Una bella fortuna. Ma, forse, non c’entra solo la fortuna.
Stiamo vivendo un momento in cui le notizie “ufficiali” sul riscaldamento globale stanno addirittura diventando ridicole, dato che l’indubbio stop degli ultimi 17 anni continua a essere nascosto sotto il letto come la polvere (tanto la “gente” vede e sente solo la TV…). Tutto ciò nonostante vi siano ormai dati inconfutabili che sono stati accettati dagli stessi membri dell’IPCC, che poi, però, li hanno immediatamente smentiti nella versione data ai media (mi ricorda qualcosa di puramente italiano…). Varrebbe la pena raccontare ciò che è successo negli ultimi mesi e a cui nessuno, ovviamente, ha mai accennato pubblicamente. Tuttavia, rimaniamo nella Scienza e dimostriamo come si sia ancora veramente all’ABC della conoscenza del nostro clima.
Un mix di nozioni che vanno dalla rappresentazione geometrica di un binario ferroviario a quella “leggermente” più complicata di un Universo in espansione. In comune vi è un punto, che nel primo caso possiamo chiamare punto all’infinito, nell’altro caso Big Bang (anche se quest’ultimo si trova in una posizione temporale ben definita). Quest’articolo, un po’ strano, ci permette di capire meglio il piano ampliato e la natura di un punto singolare. Ci serve anche per vedere che eccezionale applicazione pratica viene fornita da una matematica a prima vista astratta e -forse- visionaria. Insomma, Alice è tornata tra di noi.
Il caro “vecchio” David Jewitt (molto più giovane di me, comunque) ha colpito ancora! Dopo la scoperta del primo Kuiper Belt Object nel 1992, annunciato ufficialmente per la prima volta al simposio internazionale Asteroids, Comets and Meteors del 1993, organizzato a Belgirate sul Lago Maggiore (di cui ero presidente scientifico …ehm… ehm…), si ripresenta adesso con P/2013 P5, una cometa molto strana, anzi troppo strana per essere vera! Ricordo che allo stesso congresso, Shoemaker aveva annunciato la distruzione della Shoemaker-Levy 9, appena scoperta. Grande congresso, che nessuno dei partecipanti potrà mai dimenticare (almeno così dicono…)!