Gira e rigira è sempre colpa (o merito) dei buchi neri. Essi servono da perfetti regolatori della formazione stellare, ma non hanno bisogno di essere mostruosamente massicci. Ne basta uno relativamente piccolo per schiacciare… l’interruttore.
Un nuovo metodo per determinare la distanza delle galassie relativamente vicine? Forse sì, grazie alla velocità relativamente bassa della luce (si fa per dire) e ai soliti telescopi delle Hawaii (ah… le Hawaii…).
Sembra proprio un processo all’italiana. Sono passati più di 60 anni e ancora non abbiamo un verdetto. Anzi, non sappiamo nemmeno cosa sia realmente accaduto. Sicuramente, però, è qualcosa di veramente eccezionale. Ne ho approfittato per parlare un po' di trottole...
Allineamenti degli assi di rotazione dei quasar fino a distanze di miliardi di anni luce. Sembra la trama di un romanzo di fantascienza e, invece, potrebbe veramente essere la realtà. Una scoperta che ha dello straordinario!
I raggi cosmici ad altissima energia (UHECR) sono le particelle più energetiche dell’Universo e la loro origine è ancora un mistero. Sono rarissimi e finora la loro rilevazione è stata oltremodo sporadica. Non ci resta che chiedere aiuto alla … Luna.
Normalmente vale la frase al contrario: “Se Maometto non va alla montagna…”, ma per i buchi neri sembra che il titolo dia la giusta spiegazione. Ovviamente, Maometto rappresenta il buco nero, costretto ad andarsi a cercare da … mangiare.
Confermata ancora una volta, e analizzata in dettaglio, la macchia calda da cui sembrano provenire i raggi cosmici più potenti dell’Universo. Si spera di poterne sapere di più, migliorando il ricevitore, ma i costi sono "altissimi", quasi dell’ordine di molte tangenti italiane (ma non solo)…
I buchi neri galattici rispondo a regole abbastanza precise dettate dalla decenza e/o dalla censura. Quelli costretti a vivere a stretto contatto con altri bagnanti sono obbligati a indossare un costume formato da una spessa ciambella di polvere. Quelli che si allontanano dalle spiagge più affollate sono decisamente liberi di fare quello che vogliono. Il perché, per adesso, non è assolutamente compreso…
Una serie incredibile di righe di assorbimento permette di leggere lo spazio-tempo tra noi e i lontanissimi quasar. Si aprono le finestre non solo sull’Universo, che stava costruendo i suoi colossi e usciva dalla fase oscura, ma anche sulla materia invisibile che lega le galassie tra di loro. Due recenti ricerche di grande valore si legano alla cosiddetta “foresta di Lyman” e ho pensato fosse giusto spiegarla in modo molto semplificato.
Sulla Terra siamo abituati a innaffiare e concimare i semi e ci aspettiamo che nascano i fiori e poi -magari- anche la frutta. Ma se i fiori sono i buchi neri supermassicci sembra proprio che il concime e l’innaffiatura non siano sufficienti. Bisogna già partire da qualcosa di più complesso, forse già da una pianticella.
Il titolo si rifà a un articolo uscito da poco. Ovviamente ci riferiamo nuovamente ai buchi neri galattici. Tuttavia, questa ricerca ha veramente dell’incredibile, non tanto per il processo di determinazione usato (abbastanza comprensibile e logico), quanto per l’accuratezza dei dati necessari alla sua applicazione. Non per niente è stato usato il telescopio più potente a nostra disposizione: quello di Einstein!
Una news particolarmente interessante, dato che riguarda il più potente buco nero stellare mai osservato. Ne approfitto per fare un semplice (e semplicistico) riassunto dello stato dell’arte sull’osservazione dei buchi neri, sia stellari che galattici.
I buchi neri sono spesso chiamati “Cannibali dello Spazio”. In realtà, la loro dieta è spesso basata su stelle che vengono distrutte dalle forze mareali e poi ingoiate un po’ alla volta. Dato che anche i buchi neri sono stelle (o ciò che ne resta), la parola “cannibale” ha una sua ragione d’essere. Tuttavia, a parte le estrapolazioni un po’ fantascientifiche, sembra che il modo di mangiare possa dare molte informazioni riguardo ai buchi neri supermassicci e al loro pasto.
Quando vogliamo vedere qualcosa che si nasconde nell’ombra o che è troppo scuro, le puntiamo contro una torcia elettrica in modo da illuminarla adeguatamente. Sarebbe bello poter fare lo stesso anche nell’Universo, ma … non abbiamo torce abbastanza potenti. Tuttavia, talvolta, gli oggetti celesti, che di luce ne sanno emettere tanta, dirigono il loro fascio verso qualche zona oscura e ci regalano immagini del tutto inaspettate per la nostra tecnologia. E’ il caso di un “gentilissimo” quasar.
Abbiamo appena parlato del programma Sloan che ci ha portato a sentire il suono del violino primordiale, permettendoci di riconoscere la vibrazione e la qualità dello strumento. Tuttavia, i dati di questa favolosa ricerca servono anche a scopi ben più terra-terra. Ad esempio, possono aiutarci a descrivere molto bene cosa circonda una galassia. Solo gas e polvere che chiude la città cosmica come un bozzolo oppure anche un continuo e rapido movimento di nuvole? Contro le idee correnti, la verità sembra la seconda.
Molte riprese televisive di manifestazioni sportive usano normalmente l’effetto playback, che è diventato veramente essenziale, soprattutto quando il gesto atletico è improvviso e inaspettato. Poterlo rivedere fa capire molte cose in più, anche perché lo spettatore può dedicargli tutta l’attenzione richiesta. I blazar non sono da meno e ci offrono la stessa possibilità. Non ci resta che ringraziarli per questa gentilezza, ancora una volta basata sulle intuizioni di Einstein.