Undici anni di ricerca sembrano cambiare le idee sui processi di fusione dei buchi neri galattici.
Il disco di accrescimento di un buco nero galattico si spinge normalmente molto vicino all’orizzonte degli eventi e presenta una luminosità crescente verso la zona più interna dove le particelle vengono accelerate sempre più. Ne consegue che la componente di luce ultravioletta, la più energetica nell’intervallo vicino a quello visibile, non deve certo essere trascurabile… Come mai, invece, il quasar più vicino a noi mostra una netta carenza di radiazione ultravioletta? Probabilmente solo perché due “pasticceri” stanno costruendo una gigantesca … ciambella.
In un modo o nell’altro è sempre così: la nascita e la crescita iniziale di qualcosa avviene quasi sempre di nascosto. Lo fanno le stelle e i neonati e molte altre “cose” a tutte le scale. Sembra quasi che vi sia un senso di timidezza o un bisogno assoluto di privacy. L’uomo, però, non riesce a non guardare e a non sapere e allora cerca di scrutare dal buco della serratura… Se non vi sono secondi fini, ma solo amore di conoscenza, sovente riesce in ciò che sembrerebbe impossibile. Questo è proprio il caso delle galassie “oscure”.
Quella che sto per raccontarvi è una bellissima avventura galattica che vede coinvolti molti attori: due galassie, due buchi neri, due nane bianche, un po’ di onde gravitazionali e una strana supernova. L’avventura sembra essere confermata da una serie di dati osservativi collezionati a partire dal 2000 e rende, forse, ancora più critico il discorso relativo alle candele cosmiche.
Anche se nessuno lo dice apertamente, una nuova evidenza osservativa di estremo interesse dà un duro colpo alla materia oscura e al suo insostituibile contributo nelle fasi di formazione galattica. Facendo uno dei miei soliti paragoni un po’ esasperati, potremmo dire che una giovane galassia ha bisogno di carburante e deve fare il pieno velocemente. La materia oscura funziona come un secchiello che la rifornisce con molta lentezza. C’è qualcosa che non va… dato che le giovanissime galassie sembrano fare il pieno in modo molto più rapido. Beh… la soluzione la conosciamo tutti: basta andare presso un distributore e rifornirsi di benzina con una pompa. Fortunatamente l’Universo primitivo è pieno di stazioni di rifornimento!
Gli astronomi hanno scoperto il processo attraverso il quale le grandi galassie ellittiche continuano a fabbricare stelle anche molto tempo dopo il periodo di nascita frenetica iniziale. Gli occhi precisissimi di Hubble e la sua sensibilità all’ultravioletto hanno permesso di vedere gruppi di stelle calde e giovani che stanno nascendo proprio lungo i getti, che si lanciano dal buco nero centrale, ma che vanno in verso contrario . In fondo, è un processo di una semplicità veramente … cosmica!
Qual è la “foto” più celebre ripresa da Hubble? Molti propendono per i celeberrimi “pilastri della creazione” e io, forse, con loro. Tuttavia, anche se non possono avere la stessa definizione d’immagine, d’ora in poi non potremo dimenticarci nemmeno i “pilastri della distruzione”, mostrati da una galassia che sta viaggiando a tutta velocità nel gas caldo contenuto all’interno di un ammasso.
Se rovesciamo un secchio d’acqua limpida in uno stagno, dopo pochissimo tempo non ci accorgeremmo di niente: l’acqua si mischierebbe all’acqua molto rapidamente e nessuno potrebbe dimostrare di aver fatto questa aggiunta. Tuttavia, se non fosse passato troppo tempo e se si guardasse molto attentamente, si potrebbero ancora notare qualche piccolo vortice e qualche corrente anomala, magari attraverso la polvere sollevata nello svuotamento del secchio.
Prima o poi dovevano saltare fuori… Sono loro, gigantesche e luminosissime, che hanno dato il via alla creazione dell’Universo “moderno”, agli elementi chimici e alla vita biologica. Stiamo parlando delle stelle di Popolazione III, quelle che avevano a loro disposizione solo idrogeno, elio e un pizzico di litio. Il Big Bang le aveva incaricate di dare il via al Cosmo verro e proprio, regalando loro solo l’essenziale. Queste giganti ci sono riuscite, lavorando in una nebbia fittissima, forse per non farsi vedere. Modeste e infaticabili, ma oggi, finalmente, la loro luce ha raggiunto i nostri strumenti più raffinati.
Normalmente l’interesse va verso gli ammassi e i superammassi di galassie, concentrazioni della materia che compone l’Universo (sia visibile che… non visibile). Il fatto che qualcosa tenda a concentrasi verso zone particolari, come avesse un appuntamento gravitazionale, non può che creare spazi decisamente più vuoti. Vicino alla nostra galassia inizia proprio uno di questi vuoti, il vuoto locale, in cui però resiste imperturbabile la galassia NGC 6503.
ALMA è veramente una meraviglia. Questa volta è riuscita a mostraci cosa stava capitando in una galassia ben 11.4 miliardi di anni fa, mentre si stavano preparando le sale-parto per migliaia di stelle.
Quante stelle esistono negli enormi spazi tra galassia e galassia? Non è certo facile saperlo, dato che la loro luce non riesce a essere rilevata se non quando mandano un segnale fortissimo, un segnale che urla la loro fine con un bagliore intensissimo. Per essere viste devono, cioè, morire come supernove di tipo Ia.
So di annoiarvi e di assumere un ruolo sempre più “antipatico”, ma se non mi sfogo con i pochi che mi seguono con chi posso farlo? In ogni modo, vi regalo anche una news estremamente interessante sia per il risultato che per il tipo di analisi utilizzata.
Se ne parla spesso e volentieri, ma Hubble ci ha regalato un film meraviglioso, della durata di vent’anni, che ci mostra come sia intasato e spesso violento il traffico lungo le autostrade che da un buco nero galattico si dirigono verso lo spazio (i celebri “getti”). Le automobili che lo percorrono raggiungono velocità simili a quelle della luce, che spesso appaiono addirittura superiori, e non riescono a evitare i tamponamenti. Un doppio (anzi triplo) articolo che riguarda una news, ma che spiega, a due livelli di difficoltà, anche i fenomeni superluminali…
WISE ha scoperto la galassia più luminosa dell’Universo. La sua età, però, aumenta ancora di più il mistero che avvolge questi “mostri”: 12.5 miliardi di anni. Come riuscire a spiegare dei bambini con un cuore d’adulto?
E’ uno degli argomenti più “caldi” del momento: le galassie si spengono sicuramente, ma i processi per spegnerle sono più di uno. E’ colpa dei buchi neri, del vento galattico o di uno scudo impenetrabile? La questione sembra dipanarsi