Una serie incredibile di righe di assorbimento permette di leggere lo spazio-tempo tra noi e i lontanissimi quasar. Si aprono le finestre non solo sull’Universo, che stava costruendo i suoi colossi e usciva dalla fase oscura, ma anche sulla materia invisibile che lega le galassie tra di loro. Due recenti ricerche di grande valore si legano alla cosiddetta “foresta di Lyman” e ho pensato fosse giusto spiegarla in modo molto semplificato.
Ci aspettavamo già questo tipo di risultato, dato che spesso si sono scritti articoli che cercavano di legare la massa e la forma delle galassie con la loro età e capacità di formare stelle. Uno studio canadese ha, però, usato una tale mole di dati che il risultato sembra ormai una realtà da accettare senza alcun dubbio. Una caratteristica preziosa per descrivere l’evoluzione galattica globale.
E’ stata definita come “serial killer”, ma, in fondo, potrebbe essere spinta solo dal bisogno di compagnia e di condivisione: più si è e meglio si sta. Le galassie funzionano spesso come aspirapolvere, inglobando tutto ciò che incontrano. NGC 1316 sembra rappresentare un caso emblematico.
Ne abbiamo parlato spesso, ma ora siamo proprio al “dunque”. Qualsiasi momento può essere quello buono per assistere a un evento unico nel suo genere.
Sulla Terra siamo abituati a innaffiare e concimare i semi e ci aspettiamo che nascano i fiori e poi -magari- anche la frutta. Ma se i fiori sono i buchi neri supermassicci sembra proprio che il concime e l’innaffiatura non siano sufficienti. Bisogna già partire da qualcosa di più complesso, forse già da una pianticella.
Materia oscura sì, materia oscura no… una specie di braccio di ferro che divide la Scienza. Sembrerebbe che la vittoria sia a portata di mano del SI, ma manca sempre la prova decisiva. Il “Ciccione”, un enorme ammasso galattico continua sulla stessa falsariga…
Osservazioni spinte ai limiti tecnologici hanno mostrato che le galassie più antiche (rispetto ad oggi) sapevano crescere molto più in fretta di quanto non abbiano fatto col passare del tempo. Qualcosa di simile alla crisi economica di oggi? Quando c’è vera fame ci si rimbocca le maniche?
Al centro due strutture, tutt’attorno un circolo di giganti che sembra proteggere la parte interna. No, non sto parlando di una costruzione megalitica, ma del gruppo locale galattico e della sua periferia più estesa.
Non spaventatevi. Non tratterò certo tutti questi argomenti in un singolo articolo. Oltretutto alla spirale logaritmica (struttura fondamentale della Natura) sarà tra breve dedicato un articolo a se stante e attraverso lei verranno scomodati -ovviamente- i frattali. Per adesso voglio solo riportare una notizia sull’Universo meno conosciuto (finora invisibile o quasi) che sembra continuare a seguire una regola ben più generale.
Il titolo si rifà a un articolo uscito da poco. Ovviamente ci riferiamo nuovamente ai buchi neri galattici. Tuttavia, questa ricerca ha veramente dell’incredibile, non tanto per il processo di determinazione usato (abbastanza comprensibile e logico), quanto per l’accuratezza dei dati necessari alla sua applicazione. Non per niente è stato usato il telescopio più potente a nostra disposizione: quello di Einstein!
In questo articolo mostriamo un effetto ben noto a tutti voi e che si “prova”direttamente, correndo a grande velocità. Se poi vi spostate, tenendo in mano quel bellissimo e comunissimo insieme di semi che formauna specie di sfera (vedi figura) prodotto dal tarassaco (dai fiori gialli e spesso infestante), vi accorgete che la pressione che sentite sul viso è in grado di staccare i semi e lasciare dietro di voi una scia di piccoli paracadute.
Una news particolarmente interessante, dato che riguarda il più potente buco nero stellare mai osservato. Ne approfitto per fare un semplice (e semplicistico) riassunto dello stato dell’arte sull’osservazione dei buchi neri, sia stellari che galattici.
Mettendo duramente al lavoro Hubble e sfruttando le sue enormi capacità nel rivelare i più piccoli spostamenti, si è riusciti, per la prima volta, a calcolare la rotazione di una galassia attraverso lo studio delle velocità delle sue singole stelle. Un passo avanti incredibile per gli studi futuri sulla dinamica delle grandi strutture dell’Universo.
Una stella di Cassiopea, che percorre a pazzesca velocità la nostra galassia, riesce a mettersi in mostra se osservata con gli occhi infrarossi di Spitzer. Il risultato non è solo affascinante, ma anche molto utile.
I buchi neri sono spesso chiamati “Cannibali dello Spazio”. In realtà, la loro dieta è spesso basata su stelle che vengono distrutte dalle forze mareali e poi ingoiate un po’ alla volta. Dato che anche i buchi neri sono stelle (o ciò che ne resta), la parola “cannibale” ha una sua ragione d’essere. Tuttavia, a parte le estrapolazioni un po’ fantascientifiche, sembra che il modo di mangiare possa dare molte informazioni riguardo ai buchi neri supermassicci e al loro pasto.
Quando vogliamo vedere qualcosa che si nasconde nell’ombra o che è troppo scuro, le puntiamo contro una torcia elettrica in modo da illuminarla adeguatamente. Sarebbe bello poter fare lo stesso anche nell’Universo, ma … non abbiamo torce abbastanza potenti. Tuttavia, talvolta, gli oggetti celesti, che di luce ne sanno emettere tanta, dirigono il loro fascio verso qualche zona oscura e ci regalano immagini del tutto inaspettate per la nostra tecnologia. E’ il caso di un “gentilissimo” quasar.