Parliamo ancora di buchi neri, ma non di quelli galattici e nemmeno di quelli stellari. Qualcosa che sta nel mezzo e che continua a mettere in crisi gli astrofisici. Meno male che ci sono anche le galassie-non galassie.
Potremmo partire con la parola “alieni” stellari per attirare un po’ di pubblico. Direi, però di evitarla (l’abbiamo usata da poco) e fare una similitudine più culturale e sicuramente azzeccata. Più si va verso il centro della galassia e più si va indietro nel tempo. Più si scava nei ruderi di antiche città e più si trovano i resti delle popolazioni primitive… Chissà che non si possa riuscire a trovare i resti della prima civiltà stellare?
Si sa che devono essere tanti, ma il vederli è tutta un’altra cosa. Stiamo parlando dei buchi neri di massa stellare. Quanti se ne sono formati a partire dalla nascita delle prime stelle? Essi sono ancora lì ad aspettare che qualcuno li osservi. Senza una compagna che li sfami in diretta, però, la faccenda rimane problematica. Tuttavia, gli ammassi globulari potrebbero averli conservati e mostrarceli dinamicamente. In fondo la loro massa non scompare…
Ebbene sì, questo è un racconto di ciò che può capitare nell’Universo, il luogo dove tutto può succedere grazie, solitamente, all’aiuto di qualche compagno, di qualsiasi genere esso sia. In qualche modo, ricorda le migrazioni dei primi uomini preistorici, quando magari una singola famiglia era in cerca di un luogo migliore dove cercare di sopravvivere. Un racconto molto semplificato, nello stile che ormai avete imparato a conoscere…
Gli ammassi globulari sono sempre stati oggetti ricchi di misteri e di stranezze. Oggi se n’è aggiunto un altro, relativo a una specie di “eutanasia” veramente prematura. Essi sembrano decidere la vita delle loro stelle (sia nel ringiovanimento che nell’invecchiamento) al di fuori dagli schemi che l’uomo ha cercato di costruire.
Sappiamo molto bene che la caduta di un asteroide di qualche chilometro, così come una serie di supervulcani, potrebbero portare a estinzioni quasi complete della vita biologica. L’uomo, oggi, forse sarebbe in grado di salvarsi (molto parzialmente), ma il dramma sarebbe assicurato. Le supernove sono veramente un pericolo secondario?
Gli ammassi globulari sono personaggi alquanto strani dell’inifinito teatro del Cosmo. Essi rappresentano gruppi numerosissimi di stelle che non hanno voluto abbandonare il luogo di origine. Inoltre, sono tra gli oggetti più vecchi che hanno avuto la fortuna di osservare direttamente la nascita della galassia che li ospita, anche se solitamente in periferia. Vivere su di essi darebbe enormi emozioni. E se fossero anche le zone più adatte alla crescita di civiltà estremamente progredite?
Una recente ricerca potrebbe -forse- rivoluzionare buona parte dell’evoluzione stellare. No, non si sono, finora, commessi errori, ma un meccanismo che sembrava limitato a poche stelle fortunate e residenti in luoghi molto affollati, potrebbe essere molto più comune e rappresentare un processo da tenere in conto nel descrivere la vita delle stelle. Sto parlando di oggetti che mi sono sempre stati veramente simpatici: le vagabonde blu.
In un periodo in cui il terribile fenomeno della migrazione sta raggiungendo livelli apocalittici e ingestibili per nazioni che per troppo tempo hanno solamente pensato (e continuano a farlo) ai fatti propri senza curarsi del mondo in generale (e del loro passato), le stelle ci mostrano come le migrazioni “di massa” siano all’ordine del giorno anche tra di loro. Il nostro Sole è esso stesso un “emigrante” e questo dovrebbe farci riflettere sia in termini etici che astronomici…
Eccezionale osservazione effettuata nelle celeberrime galassie “Antenne”: stiamo assistendo alla nascita di un ammasso globulare.
Bisognerà aspettare quasi sicuramente il telescopio spaziale Webb per riuscire a “vedere” le prime stelle dell’Universo, quella popolazione III di enormi dinosauri cosmici che ancora si cela nella nebbia della fase oscura. Non sarà impresa facile, ma simulazioni molto accurate prevedono che esse siano raggruppate in ammassi, capaci di raggiungere luminosità almeno cento milioni di volte superiore a quella del Sole.
Un interessante modello evolutivo sembra aver dimostrato che il DNA delle stelle si “costruisce” molto rapidamente, spiegando così perché è possibile identificare stelle “sorelle” anche se hanno scelto di vivere in località molto distanti tra loro. Il sangue non è acqua!
Normalmente vale la frase al contrario: “Se Maometto non va alla montagna…”, ma per i buchi neri sembra che il titolo dia la giusta spiegazione. Ovviamente, Maometto rappresenta il buco nero, costretto ad andarsi a cercare da … mangiare.
Una news, “aspettata” con ansia come questa, merita un vero e proprio racconto. Quando si trova (realmente) ciò che si cerca siamo davanti a vera Scienza e si ha l’obbligo di metterlo nel giusto risalto. Parliamo di magnetar, di buchi neri mancati e di stelle che scappano con il “malloppo”. Meriterebbe un film.
Tenersi a distanza dalla propria stella può anche avere una ragione, ma il grosso Giove di GU Psc sta veramente esagerando: 2000 unità astronomiche sono un record assoluto. Per gli scienziati, però, è una bella fortuna.
Lo ammetto, non ho mai visto questo programma televisivo che è ben lontano dai miei interessi. Tuttavia, tramite Blob (buon compleanno!) penso di essermi fatto un’idea dello scopo: riunire parenti più o meno stretti che si sono persi di vista da lungo tempo. Ebbene, il Sole ha ritrovato una vera sorella. Al di là degli scherzi, la notizia è di quelle che possono aprire veramente nuovi orizzonti e che commuovono profondamente.