Il titolo sembra non avere niente a che fare con ciò che sto per raccontarvi. Tuttavia, malgrado l’indirizzo preso da certe ricerche, ho il “brutto” vizio di vedere le cose riflettendoci sopra, a modo mio, con tutta l’umiltà del caso. Non sono certo un esperto di buchi neri galattici, ma ho quel minimo di conoscenze di base che mi permettono riflessioni personali, a volte in direzione ostinata e contraria a ciò che viene data come astrofisica “ufficiale”. Niente di eccezionale, nessuno Universo a 18 dimensioni o particelle esotiche a tutti i costi o a rappresentazioni olografiche.
VISTA è un telescopio niente male (4 metri di diametro), il più grande dedicato a studi continuativi su tutto il cielo nella lunghezza d’onda dell’infrarosso. Questa volta ha sollevato letteralmente il sipario formato dalla grande nebulosa di Orione (M42), mostrandoci un piccolo Universo sconosciuto finora.
Non ditemi che sono monotono, ma devo tornare su ALMA. Questa volta si è occupato della fasi di protostella e ha scoperto come si originano i getti che provengono dal neonato che si sta contraendo e che ruota velocemente insieme al suo disco proto planetario, la casa dei futuri pianeti. Una scoperta osservativa meravigliosa che, in fondo, semplifica uno dei tanti processi apparentemente ancora misteriosi.
Tempo fa si diceva che i coccodrilli femmina mangiassero i propri piccoli. Una soluzione che rendeva gli animali più simili a noi, capaci di cose anche peggiori. Poi si è scoperto che era solo un metodo di trasporto e di riscaldamento. Anche i coccodrilli sanno accudire ai loro cuccioli con amore. Analogamente potrebbe sembrare che i figli stellari “mangino” le proprie madri. Ma ne siamo sicuri?
Sappiamo che molto spesso le stelle non nascono da sole, ma in coppie o in numero anche maggiore. Normalmente, è la nube primordiale che si spezza in diversi “pezzi” prima di innescare il processo formativo vero e proprio, ma oggi ALMA ci ha mostrato che la divisione può veramente capitare anche in un momento successivo.
Nascosta in mezzo a una nube spessa e impenetrabile per la luce “normale”, si nasconde una proto-stella di 30 masse solari che deve ancora completarsi. Un colpo di fortuna che può essere visto nelle lunghezze d’onda più lunghe, ma che può ancora nascondere qualche segreto.
Ebbene sì, questo è un racconto di ciò che può capitare nell’Universo, il luogo dove tutto può succedere grazie, solitamente, all’aiuto di qualche compagno, di qualsiasi genere esso sia. In qualche modo, ricorda le migrazioni dei primi uomini preistorici, quando magari una singola famiglia era in cerca di un luogo migliore dove cercare di sopravvivere. Un racconto molto semplificato, nello stile che ormai avete imparato a conoscere…
Mi limito ai concetti base, che sono già sufficientemente affascinanti ed emozionanti. Senza entrare nei dettagli di uno studio fisico e chimico compiuto sui dati di ALMA, si può già sobbalzare sulla sedia…
Questa frase, che sembra quasi ovvia, è una delle regole dell’Universo che appare sempre più generale… basta aggiungere l’aggettivo del caso…
Lo straordinario radiotelescopio ALMA ci mostra uno degli infiniti momenti di poesia e di amore dell’Universo. Perdonatemi se do più risalto alle sensazioni personali che non alla notizia scientifica. Ma, in questo momento, ne sento proprio il bisogno. Vista la situazione mondiale, penso, comunque, di non essere il solo…
Il titolo non mi piace, ma sono in qualche modo costretto a scriverlo, dato che sono “ufficialmente” chiamate così. Si parla di stelle che nelle prime fasi della loro vita si nutrono dei loro stessi figli. E tra queste stelle potrebbe esserci stato anche il Sole…
Ne abbiamo parlato da poco e abbiamo notato come il Cosmo non abbandoni mai i processi che si è costruito fin dall’inizio e che ha considerato i più vantaggiosi per la sua crescita ed evoluzione. Spesso è l’uomo (con un’intelligenza decisamente inferiore a quella… universale) a voler separare un processo in mille rivoli diversi tra loro. Molte volte ottiene ciò complicando le cose semplici.
L’Universo ci ha insegnato un paio di cose fondamentali: (1) i processi e le leggi che applica nel suo Teatro sono sempre estremamente semplici. Chi le complica è spesso la mente umana, quando non riesce ancora a capirle e spiegarle. Una volta raggiunto lo scopo, appaiono spesso come le uova di Colombo; (2) se un processo funziona, perché cambiarlo? L’Universo, perciò, tende a usare i metodi sicuri e non gli importa chi lo stia usando, piccolo o grande che sia. I dischi di accrescimento seguono perfettamente queste regole. Le loro caratteristiche sembrano semplificarsi e -soprattutto - le loro caratteristiche sono le stesse sia per le piccolissime nane bianche che per i giganteschi buchi neri galattici. Un bell’aiuto per la ricerca futura.
Solo pochi giorni fa abbiamo parlato di come si sia probabilmente risolto il “secondo” mistero del litio, quello che lo vede abbondante nelle stelle giovani e nello spazio interstellare. Rimaneva comunque da confermare la soluzione del primo mistero: dov’era finito il litio originatosi subito dopo il Big Bang? Sembra che sia arrivata anche questa risposta.
Bisognerà aspettare quasi sicuramente il telescopio spaziale Webb per riuscire a “vedere” le prime stelle dell’Universo, quella popolazione III di enormi dinosauri cosmici che ancora si cela nella nebbia della fase oscura. Non sarà impresa facile, ma simulazioni molto accurate prevedono che esse siano raggruppate in ammassi, capaci di raggiungere luminosità almeno cento milioni di volte superiore a quella del Sole.
Spesso le notizie astronomiche hanno un’importanza che va oltre il fenomeno stesso che stanno analizzando. Possono, in realtà, indicare chiaramente una vera rivoluzione in atto nell’astrofisica odierna. Basta saper leggere tra le righe e lasciarsi trasportare dalle emozioni. Come diceva il grande Battisti: “Tu chiamale, se vuoi, emozioni…”.