Non spaventatevi per i cinque asterischi! Il teorema che andiamo ad enunciare è di estrema semplicità (due soli asterischi) e può essere considerato veramente una magia "sfuggita" agli antichi greci. I cinque asterischi si riferiscono alla parte "nascosta", ossia alla dimostrazione, impresa tutt'altro che facile.
Per capire come funzionano i giganti materiali del Cosmo (le stelle) è necessario studiare le creature più piccole della materia (le particelle); tuttavia, per capire come funzionano e come interagiscono le particelle, è necessario studiare i fenomeni giganteschi delle stelle. Un abbraccio totale e strettissimo che trova il suo campo di gioco nello spaziotempo, il perfetto teatro perché gli attori, indipendentemente dalle loro dimensioni, possano dare il meglio di sé.
E’ con grande piacere che riproponiamo uno degli argomenti più affascinanti tra i tanti contenuti nel nostro archivio cosmico. Il comandante vi dà il benvenuto a bordo e vi raccomanda di mettervi comodi, perché... il viaggio sarà lungo!
A cosa si riferiscono le due date del titolo? Al teorema di Pitagora e in particolare a due "nuovi" metodi usati per dimostrarlo.
Questo articolo non è un quiz, ma una richiesta di collaborazione nel pieno spirito del nostro Circolo. L'argomento è ancora quello delle costruzioni geometriche dei greci ed in particolare della Scuola di Atene.
Andando ad analizzare una vecchia lastra fotografica del 1917, eseguita per determinare lo spettro della stella di van Maanen (una nana bianca molto vicina), ci si è accorti che vi era già la prova dell’esistenza di un sistema planetario attorno a questo residuo di stella di tipo solare. Quanti ricordi personali…
Con questo articolo terminiamo la carrellata storica dedicata alla determinazione della distanza Terra-Sole arrivando fino ai giorni nostri, ma non prima di avere dato a Halley ciò che è di Halley!
Archimede ha sicuramente pensato e fatto di tutto e di più. Alcuni suoi principi sono ben conosciuti, altre sue deduzioni molto meno. Occupiamoci di loro e vedremo che Archimede può giustamente essere chiamato il "re dei cerchi".
Continuiamo il nostro racconto storico-scientifico del percorso che ha portato ad una determinazione sempre più accurata della distanza della Terra dal Sole, la cosiddetta Unità Astronomica. Questa volta ci soffermeremo su un episodio che niente ha aggiunto alla conoscenza del nostro Sistema Solare, ma non per questo può essere considerato poco importante. Vediamo perché...
Questa volta ci dedichiamo maggiormente all’avventura che non alla Scienza (a parte l’appendice dedicata al grande Halley): i transiti di Venere del 1761 e 1769 e gli incredibili viaggi effettuati da coraggiosi astronomi per osservarli.
Da un punto di vista matematico non esiste alcuna differenza tra sistema geocentrico ed eliocentrico, sempre che si ammetta che tutti pianeti girino attorno al Sole e che questo giri attorno alla Terra. Il celebre confronto tra la teoria di Copernico e quella di Tycho Brahe.
Newton scoprì una legge fondamentale e soprattutto universale per spiegare il moto dei pianeti e non solo, ma non riuscì mai a determinare il valore della sua costante G. Dovette quindi accontentarsi solo di rapporti di forze, in modo da eliminare quella scomoda costante, il cui valore fu ricavato solo un secolo e mezzo dopo grazie a sofisticatissimi strumenti di laboratorio e a piccole masse che, però, non servirono subito a determinare G, bensì la densità della Terra. Insomma, la storia di G è una lunga avventura nella quale il ruolo del protagonista è ricoperto dall'esperimento di Henry Cavendish del 1797-98 ed è questo che ci accingiamo a descrivere.
La capacità di condividere informazioni attraverso l’interscambio vocale e scritto è alla base del processo di civilizzazione umano. Tale capacità, tuttavia, nonostante la sua vitale importanza, ha avuto un’evoluzione molto lenta in quanto vincolata dai limiti imposti dalla tecnologia di tempo in tempo disponibile (i messaggi hanno viaggiato per secoli alla velocità di uomini, cavalli, navi, piccioni viaggiatori). Fino a quando, negli anni ’30 del XIX secolo, avvenne una prima importante svolta...
Perché Marte e non, per esempio, Venere o Giove o il Sole stesso? Per rispondere dobbiamo fare un piccolo passo indietro nel tempo e parlare di quel meticoloso osservatore che è stato Tycho Brahe, per poi farne due in avanti che ci condurranno fino a Giovanni Domenico Cassini e John Flamsteed, passando per l'onnipresente Giovanni Keplero.
Parafrasando Francesco Nuti in "Madonna che silenzio c'è stasera", potremmo presentare Oliver Heaviside dicendo: Maaaaaadonna com'è strano 'sto Evisaid. E 'unnè uno di quelli strani che uno dice "Madonna com'è strano quello lì" no no, questo l'è uno di quelli strani che uno dice "Maaaaaaadonna com'è strano quello lì".
Ma la stranezza è un concetto relativo...
Come è possibile che colui che, a detta di Richard Feynman, ha dato vita, con le sue equazioni sull'Elettromagnetismo, all'evento più significativo del XIX secolo (tale da fare diventare insignificante, fra diecimila anni, la coeva guerra civile americana), abbia subito un così ingiusto oltraggio alla memoria per svariati decenni? Non possiamo saperlo con certezza, ma dare uno sguardo alla sua vita può consentirci di farci un'idea...
Dopo secoli di disinteresse per il calcolo della distanza Terra-Sole (e quindi delle reali dimensioni del Sistema Solare), Keplero mostra quanto questa misura sia una chiave straordinaria per aprire la porta dell’Universo, quello vero. Le sue tre leggi dicono molte cose: in particolare, offrono la possibilità di calcolare le orbite dei pianeti. Ma manca ancora il fattore scala…