Le gigantesche galassie ellittiche, al centro dei loro amassi, ne hanno viste di tutti i colori. E’ possibile che ancora riescano ad avere una regola interna, condivisa da tutta la struttura? MUSE, un fantastico spettrografo a tre dimensioni, ha dimostrato che è così.
Mentre rimettevo in ordine l’articolo sull’introduzione alla MQ, ho pensato di inserirvi anche il celebre gatto di Schrodinger, spesso male interpretato. Nel frattempo, da cosa nasce cosa e, per farvi passare il tempo, ecco una doppia domanda molto semplice per i più preparati. Ovviamente, la risposta ci serve per riflettere sempre meglio sulla MQ. Per rispondere bastano solo due formulette veramente banali e conosciute da tutti (o quasi)… Una è stata richiamata da poco e l’altra è la definizione di lunghezza d’onda in funzione della costante di Planck…
Normalmente si dice: “Le disgrazie non vengono mai sole”. Nell’Universo può capitare anche l’opposto: “Un colpo di fortuna non viene mai solo”. Due news raggruppate e qualche parola in più su uno strano tipo di supernova…
Invece di cercare pianeti piccoli e rocciosi nelle giuste zone attorno alle stelle, potrebbe essere più facile puntare l’attenzione sui satelliti dei giganti, posti nelle stesse posizioni. Ve ne sono sicuramente di più.
Ho letto questo articolo di biologia quantistica e non potevo non riassumerlo velocemente. Non posso andare nei dettagli (non sono sicuramente un biologo) e lo riporto in modo molto semplicistico, ma spero concettualmente corretto.
La domanda ricorrente nella ricerca degli esopianeti è: “Quanti pianeti sono riusciti a formarsi attorno a una stella?”. Una nuova ricerca teorica, applicata a un sistema binario, sembra modificare drasticamente la domanda e trasformarla in: “Quanti pianeti sono sopravvissuti alla loro formazione?”. Ovviamente, ciò è soprattutto vero per pianeti piccoli e vicini, ossia per pianeti di tipo terrestre.
Lo ammetto, non ho mai visto questo programma televisivo che è ben lontano dai miei interessi. Tuttavia, tramite Blob (buon compleanno!) penso di essermi fatto un’idea dello scopo: riunire parenti più o meno stretti che si sono persi di vista da lungo tempo. Ebbene, il Sole ha ritrovato una vera sorella. Al di là degli scherzi, la notizia è di quelle che possono aprire veramente nuovi orizzonti e che commuovono profondamente.
Doveva succedere prima o poi… La tecnica della spettroscopia è arrivata a un tale livello che si accorgerebbe perfino di una macchina che si muove su un altro pianeta (sempre che si veda la macchina). Dopo aver scoperto un mucchio di stelle doppie e di esopianeti, attraverso l’effetto doppler, è riuscita a determinare anche la rotazione di uno di essi.
Mettendo duramente al lavoro Hubble e sfruttando le sue enormi capacità nel rivelare i più piccoli spostamenti, si è riusciti, per la prima volta, a calcolare la rotazione di una galassia attraverso lo studio delle velocità delle sue singole stelle. Un passo avanti incredibile per gli studi futuri sulla dinamica delle grandi strutture dell’Universo.
Eccezionale osservazione eseguita nell’Universo primitivo, quando le galassie stavano formandosi, illuminando la densa nebbia della fase oscura. Diciamo grazie a Hubble, a Spitzer, a Subaru e soprattutto ad ALMA.
Un nome sicuramente affascinante: radiazione di sincrotrone. Già a pronunciare questa parola uno si sente mezzo scienziato. Oltretutto, se ne sente parlare quando si descrivono le apparecchiature più sofisticate per lo studio della fisica nucleare, come gli acceleratori di particelle. Deve sicuramente essere qualcosa di veramente importante. Tuttavia, non è un’invenzione dell’uomo, ma della Natura e le stelle ci mostrano di saperla produrre in moltissimi casi. Se per l’uomo può a volte essere un “fastidio”, per gli astri è uno dei più evidenti segnali che inviano all’Universo. Cercherò di descrivere questo fenomeno in modo molto semplificato e intuitivo. Non pretendete troppo, però…