Gli ammassi globulari sono personaggi alquanto strani dell’inifinito teatro del Cosmo. Essi rappresentano gruppi numerosissimi di stelle che non hanno voluto abbandonare il luogo di origine. Inoltre, sono tra gli oggetti più vecchi che hanno avuto la fortuna di osservare direttamente la nascita della galassia che li ospita, anche se solitamente in periferia. Vivere su di essi darebbe enormi emozioni. E se fossero anche le zone più adatte alla crescita di civiltà estremamente progredite?
Una recente ricerca potrebbe -forse- rivoluzionare buona parte dell’evoluzione stellare. No, non si sono, finora, commessi errori, ma un meccanismo che sembrava limitato a poche stelle fortunate e residenti in luoghi molto affollati, potrebbe essere molto più comune e rappresentare un processo da tenere in conto nel descrivere la vita delle stelle. Sto parlando di oggetti che mi sono sempre stati veramente simpatici: le vagabonde blu.
Volevo quasi tralasciare questa news, dato che non cambia di molto ciò che già sappiamo succedere nelle galassie quando scaraventano lontane da loro le stelle fuggitive. Tuttavia, stiamo parlando di forza centrifuga e allora tutto ciò che scappa può essere interessante.
Alle galassie piace giocare. Penso che questa sia una constatazione ormai fuori da ogni ragionevole dubbio. Chiamateli incontri, fusioni, collisioni, fatto sta che le galassie sanno sfruttare molto bene la reciproca forza di gravità per inventarsi intrecci e soluzioni meravigliose, eleganti e spesso impreviste. Altro che i video giochi…
Soltanto una decina di anni fa è stato scoperto un nuovo tipo di galassie (o qualcosa del genere): le galassie nane ultracompatte, chiamate brevemente UCD (Ultra-Compact Dwarf galaxies). Esse presentano un’alta densità stellare e dimensioni molto ridotte. Recentemente se n’è aggiunta una veramente straordinaria in termini di densità. Ne approfitto per fare il punto della situazione e richiamare la loro possibile origine.
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