La costruzione dei pianeti, di tipo essenzialmente roccioso, si spiega solitamente in modo molto semplice e intuitivo (lo faccio io per primo). Tuttavia, l’eccessiva semplicità nasconde sempre qualche piccolo problema che non può, alla lunga, essere nascosto sotto al tappeto. Una nuova simulazione sembra gettare luce su uno dei punti più critici della formazione planetaria.
I mattoni della vita si fabbricano subito e lontano dalla propria stella. Il meccanismo per costruirli sembra quasi banale e ripetitivo. Solo dopo vengono trasportati nelle zone in cui possono evolversi. Non è il Sistema Solare che lo dice, ma il disco proto planetario della neonata MWC 480. Una scoperta veramente fondamentale, ottenuta, ancora una volta, grazie ad ALMA. Forse la vita è proprio come l’erba: basta un po’ d’acqua e nasce ovunque nel Cosmo.
Non è il primo caso del genere che viene osservato, ma adesso la faccenda assume risvolti che meritano qualche parola in più. Chissà perché l’argomento mi fa venire in mente la problematica dei “diversi” e le varie sfumature razzistiche che dominano la quasi totalità della popolazione di un piccolo granello di sabbia sperduto nell’Universo, che invece di unirsi fa di tutto per dividersi, aggrappandosi ai motivi più beceri. Permettetemi, quindi, un articolo un po’ allegorico, senza dimenticare i risvolti puramente scientifici.
Eccezionale immagine ricostruita da ALMA (nostro vecchio amico). Anzi, direi, storica! Ciò che fino a ieri veniva solo disegnato in modo artistico è diventata una visione reale. A un vecchio planetologo come me sono venuti letteralmente i brividi.
Non ci occupiamo dei redivivi dischi di vinile, ma di dischi molto più importanti per l’Universo, nascosti negli archivi di Hubble. Nuove tecniche di analisi li hanno resi visibili e danno grandi speranze per il futuro. Ricordiamo che anche noi siamo nati così e questi dischi ci raccontano la nostra giovinezza.