ovvero
RAMINGHE CONSIDERAZIONI D’UN GATTO,
leggiere quel tanto che giova al ben vivere ma al giusto profondo intese
Molti anni addietro, da ragazzino, passavo le estati in campagna, e molto spesso si andava nei boschi. Un pomeriggio mio fratello prese a ripetere una strampalata cantilena che presto ghermì anche me. Quell'insensatezza faceva ridere e rimase a dividere il resto del giorno con noi. Campagna, natura e cantilena si son mescolate nel ricordo e han finito per mettere in scena una favoletta per bambini. Di ogni età.
All'occasione mi affido alla compagnia della musica. Ogni volta mi ritrovo a pensare che dietro a quelle note c'è stata (o c'è) una vita. Una mente e un corpo con una loro storia, una storia piena di dettagli, di minuti passaggi tra vicende di varia sostanza, sogni, angosce, elevazioni di spirito e ricadute, come un po' tutti ne abbiamo. Tutto sta in quelle note, in un pugno di vibrazioni trasmesse all'aria e per mezzo dell'aria diffuse a beneficio di ascoltatori del tutto sconosciuti all'autore. Eppure quella musica è un ponte, che unisce attori lontani nel tempo e nello spazio e che, nel presente caso, han trovato comune approdo in un racconto.
Percorrendo un'autostrada vidi un tavolino ben sistemato tra le corsie. Invece dell'ovvia considerazione che lì fosse carambolato dal tetto di qualche automobile, finendo per caso ritto sulle gambe, m'immaginai che attendesse d'esser imbandito. Poi, sul quel primo fantasticare, i pensieri s'involarono e ne sortì una storia.
Le ruote della bicicletta non portano in viaggio solo un uomo ma anche una filosofia di vita.
Chi ha conosciuto il Grande Solitario sa che questo era il suo pensiero.
L'attività umana può apparire del tutto inspiegabile, dipende dai punti di vista.
Un ricordo potente m'ha all'improvviso restituito il fantasioso mondo dell'infanzia, là una botte viveva come un misterioso compagno.
La lingua italiana è una miniera che può regalare intriganti sorprese all'esploratore di vocabolari e solleticare avventurose scorribande in parlati antichi, talvolta in ombra di magia e di mistero.
Vi sono parole banali, parole potenti, parole antiche e parole semplici, parole acuminate e parole lievi.
Parole solitarie, parole come incudini e parole incolori.
Ma nessuna parola è inutile. Per quanto piccolo a ciascuna va riconosciuto il giusto valore.
Alcuni personaggi non hanno bisogno di far parte di un racconto, sono loro stessi il racconto.
I monumenti che vegliano piazze, incroci e luoghi di svolte storiche sono muti operai di memorie.
Sta ai vivi dar loro voce.
Certo brevi confini ha il nostro tempo.
Scorgiamo i nostri anni e li contiamo.
Ma quale occhio mortale
Ha mai veduto gli anni delle genti?
(Friedrich Holderlin)
Padre Fernando rimuginava fisso alla striscia di lardello stesa su una fetta di pane nero davanti a sé. Accanto alla coppia adagiata profumava un bicchiere di vino rosso. La medesima chiosa che concludeva il suo pranzo di ogni giorno. Dalle gambe del tavolo risaliva un secco raschiare di tarli, ritmato come il rintocco di una pendola a rompere il silenzio della stanza. O forse proveniva dalle viscere di qualcuno dei vetusti altri mobili nella canonica. Difficile dirlo pur nella quiete d’attorno.
Ma quello non era il solito pranzo. No, proprio no.