Questo articolo è provvisorio, in quanto lo inserirò all’interno di uno più ampio che prenderà in considerazione alcuni risvolti della Meccanica Qunatistica, non trattati a fondo nell’articolo sulla introduzione alla MQ, ora inserito negli “approfondimenti”. La stessa fine farà anche quello di cui questo è solo un preambolo. Il nuovo articolo metterà insieme l’effetto fotoelettrico, quello Compton e l’effetto tunnel, oltre che il principio di Heisenberg, già trattati precedentemente come casi singoli. Come sempre, prima di finire tra gli approfondimenti, starà per un po’ in evidenza. Insieme alla storia dell’atomo e alle basi della spettroscopia, otterremo un quadro abbastanza completo della MQ. In attesa che anche la relatività speciale gli vada a fare compagnia…
Un articolo, appena uscito, pone, per la prima volta, le basi teoriche VERIFICABILI per l’esistenza di infiniti Universi paralleli. L’accettazione (tutta da verificare) direbbe una cosa fondamentale: “La meccanica di Newton è perfettamente valida per un singolo Universo, mentre le apparenti assurdità della meccanica quantistica non sono altro che il risultato delle interazioni tra Universi paralleli molto simili tra loro”. Sembrerebbe la trama di un bellissimo racconto di fantascienza, ma, questa volta, esiste una spiegazione teorica…
Continuiamo a giocare a biliardo (in modo più realistico), preparando il terreno a delle palle molto particolari e a effetti quantistici come quello fotoelettrico e quello Compton. Chissà quanti giocatori di biliardo, vedendo schizzare le due sfere in direzioni diverse, pensano che la stessa cosa stia capitando nel microcosmo delle particelle? Fatemi sperare che qualcuno lo faccia… Se no, pazienza: lo faremo noi!
Questo articolo non è facilissimo. Se volete prendervela con qualcuno, però, rivolgetevi a Supemagoalex… Sto scherzando, ovviamente. Ho commesso l’errore di parlare di effetto Compton, uno dei capisaldi nella problematica del dualismo delle particelle, e ora mi trovo invischiato nel gioco del biliardo. Ne sono, però, proprio contento. Vedremo, infatti, come anche i fenomeni quantistici hanno bisogno della fisica classica e in particolare della meccanica. E poi sarà un bel ripasso di matematica!
Non spaventatevi o non illudetevi: non voglio parlare di musica lirica e nemmeno del Rigoletto. Voglio solo tornare sulla meccanica quantistica. Un’ovvia conseguenza dell’esperimento della doppia fenditura, ossia dell’accertata strana natura delle particelle che possono assumere il comportamento di onde ma anche quello di corpuscoli ben definiti, è senza dubbio il principio di indeterminazione di Heisenberg. Lo voglio affrontare a parole, come si fa quasi sempre, ma anche -e soprattutto- con un’esperienza diretta che è una semplice appendice di quella di Feynman già ampiamente trattata e sviscerata. Vedremo anche che i concetti imparati sul limite, sullo zero e infinito, sul paradosso di Zenone, sugli intervalli “finiti” tipici della fisica, ecc., avranno un’applicazione molto “pratica”.
Un lavoro teorico appena apparso su Physical Review Letters sembra proprio essere l’uovo di Colombo. La sua logica è talmente ovvia che sembra impossibile non averci pensato prima. Siamo ancora ben lontani da un’applicazione pratica, ma la Meccanica Quantistica potrebbe svelare i suoi “perché”. L’idea è talmente affascinante che DOVEVO comunicarvela subito
Alla fine della descrizione della MQ sapremo abbastanza bene i nomi e i cognomi delle particelle che infestavano i primi istanti dell’Universo e avremo un’idea di come si siano trasformate in quelle ben più tangibili nella nostra vita quotidiana (protoni e neutroni, in particolare). Tuttavia, sarebbe bello riuscire a descrivere (notate che userò sempre ben poco il verbo “capire”), in modo quantitativo, il passaggio da una forma di materia a un’altra, in funzione di grandezze ben conosciute, come, ad esempio, la pressione (o densità) e la temperatura. I supercomputer ci stanno dando una mano forse decisiva.
Discutendo di Universo come entità unica e non come insieme di diversi oggetti celesti, essenzialmente separati, ci siamo trovati di fronte, quasi senza volerlo, alla domanda decisiva. Una domanda che è stata formulata in vari modi, ma che si può sintetizzare in “Perché esistiamo?”. Utilizziamo un classico paradosso della meccanica quantistica per cercare di rispondere. No, sarebbe troppo bello e facile. Accontentiamoci di comprendere al meglio il significato della domanda.
Non spaventatevi! Il titolo non vuole essere una specie di presa di posizione pro o contro la Religione o la Fede. Non ci penso nemmeno e nemmeno ne sarei in grado. Vorrei solo fare alcune considerazioni su certi risvolti apparentemente assurdi della meccanica quantistica e su come abbiano strane (?) ricadute su ciò che solitamente si associa con il bisogno di “credere” in qualcosa o in qualcuno superiore a noi. Le conclusioni finali sono, solo e soltanto, mie considerazioni personali.
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