“Come vedete la guerra mi ha trattato abbastanza gentilmente, permettendomi di stare lontano dal fuoco diretto e lasciandomi libero di percorrere questo sentiero nella terra delle vostre idee”.
Il 1915 volgeva al termine, quando Karl Schwarzschild scriveva queste parole ad Albert Einstein, mentre gli offriva su un piatto d'argento la soluzione di un caso particolare delle sedici equazioni, all'apparenza irrisolvibili, che formalizzavano la teoria della Relatività Generale. Pochi mesi dopo, nel maggio del 1916, morì, ma aveva fatto in tempo a lasciarci una preziosa eredità: la prima "visione" di un buco nero.
I buchi neri continuano a sorprendere e a creare paradossi e illusioni che coinvolgono gli stessi scienziati. Noi non possiamo ancora scendere nei dettagli, ma possiamo, comunque, cercare di inquadrare qualitativamente molti risultati che potrebbero essere considerati sorprese o assurdità. Prendo spunto da una recente scoperta che pone in primo piano una di queste situazioni molto ambigue. No, non voglio parlare di qualcosa di cui non abbiamo ancora le basi, ma proprio mostrare che senza basi otteniamo soltanto un forte … mal di testa.